Esiste un confine sottilissimo e visibile a pochi eletti tra chi può essere un campione e chi vuole diventarlo. Nel calcio siamo abituati ai fenomeni, certo, ma soprattutto a chi ha le potenzialità per splendere e poi, complici diversi fattori - scelte sbagliate, trasferimenti affrettati, infortuni o di qualsiasi altro tipo -, non riescono ad emergere. Ecco, Marek Hamsik appartiene al secondo gruppo: quello dei campioni che ormai brillano di una luce personale tanto accesa da essere palese davvero per tutti.
Eppure non manca mai chi è pronto, specie nei momenti di difficoltà della squadra, a gettare la croce anche sul capitano del Napoli. "Eh, ma nelle partite importanti scompare. Gli manca ancora qualcosa...", ritornello ascoltato e riascoltato, a Napoli come in giro per l'Italia. Ieri sera la situazione era questa: match più insidioso di questo finale di stagione, Roma che aveva vinto nel lunch match con il Chievo e scavalcato gli azzurri, i quali, di par loro, erano di conseguenza costretti, obbligati a portare via i tre punti da Torino. Per tenere il secondo posto, per conquistare una fetta importantissima dell'accesso diretto alla Champions League. Il che vorrebbe dire: introiti sicuri, possibilità di spendere sul mercato e coronamento di una stagione "Ottima o straordinaria", come detto da Sarri in conferenza stampa.
Insomma, bastano questi motivi per far diventare Torino-Napoli una gara importante? Lo è eccome. E lo slovacco? Protagonista indiscusso. Una notte da incorniciare la sua, che fin da subito si carica la squadra sulle spalle e la trascina alla vittoria finale. L'ex Brescia disegna calcio per l'intera durata della partita, senza stancarsi mai e riuscendo ad abbinare al suo enorme tasso tecnico anche uno spirito di sacrificio che lo rende un giocatore totale.
La serata torinese di Hamsik va così: in otto minuti confeziona due assist uno meglio dell'altro. Prima guida una ripartenza, sfrutta una situazione numerica favorevole, ma il tocco verso Higuain è di un tempo perfetto. E non è facile eh, perché spesso si può mandare l'attaccante in fuorigioco. Lui invece no: passaggio precisissimo e il Pipita ringrazia. Il secondo anche meglio se possibile. La magia è di Insigne che libera Marek con un velo, ma poi il pallone messo al centro dal capitano azzurro è dosato in maniera chirurgica, è un vero cioccolatino, tutto da scartare per Callejon. Ma non solo gli assist: tanta corsa, tanta fase di interdizione, distruggere il gioco avversario ancor prima di creare il tuo. Il lavoro di Sarri ha reso completo un giocatore che, ormai, può essere considerato un campione.
E nel mirino c'è ancora Diego Armando Maradona, non uno qualunque. Per coronare una stagione prestigiosa gli manca il traguardo personale più prestigioso: le 400 presenze sono state belle che festeggiate pochi giorni fa, sul prato del San Paolo, ma adesso c'è da raggiungere El Pibe de Oro per gol con la maglia azzurra. E sembra essere diventato un tabù, perché da quando Hamsik ha raggiunto gli ottanta gol non segna più e non riesce a raggiungere l'argentino a quota ottantuno, al terzo posto nella classifica dei goleador azzurri di sempre. Gli resta una gara quest'anno, una sola, ancora una volta importante. L'ennesima occasione - da sfruttare ancora una volta - per zittire di nuovo le critiche di una piazza (e non solo) spesso tanto esigente e stabilire un bel record personale. Come solo un campione sa fare.