“Da sempre uomo coraggioso e spirito guerriero, nella tua battaglia sarò al tuo fianco, forza Sinisa”. Così la curva della Lazio, nel febbraio del 2020, omaggiava Sinisa Mihajlovic. Era la prima volta dell’allenatore serbo all’Olimpico dopo la scoperta della leucemia. Era anche l’ultima partita allo stadio prima del Covid. Lui era lì, dimagrito, in tuta e con un berretto di lana a coprire la testa, pronto a guidare il suo Bologna. D’altronde Sinisa è uno che con la guerra ci è nato e non si è mai tirato indietro. Non lo ha mai fatto in campo, tantomeno nella vita. Combattente per indole. Ha lottato con e per la Lazio per tanti anni, ha alzato trofei ed è entrato nei cuori della gente. La stessa che oggi ancora lo esalta, nonostante sieda sulla panchina degli avversari. Anche perché lui avversario non lo sarà mai. Anche domani, quando guarderà verso la curva, gli verranno in mente tanti ricordi di quei 6 anni meravigliosi. “I migliori della mia carriera”, ha sempre detto. E in quel saluto con la mano sarà racchiuso un grande “grazie per tutto”. Gesti d’amore.
Già, perché domani Sinisa tornerà all’Olimpico da avversario con il Bologna e ritroverà la curva biancoceleste. La stessa che lo ha sempre acclamato e con cui qualche volta si è anche scontrato. Lui è sempre stato così. Controcorrente, mai un passo indietro davanti a niente e nessuno. Ai tifosi è sempre piaciuto. Ma Sinisa non era solo questo, anzi. È stato un grande calciatore, uno che sapeva fare tutto e che giocava ovunque. E poi c’erano le punizioni. Una sentenza, un gioco di sguardi con il portiere, uno scontro degno di un western con il pallone. Per lui erano come un rigore. “Tirava a cento all’ora per fare gol, Mihajlovic, Mihajlovic”. Così cantavano dalla nord e magari canteranno pure domani. Anche li sarà una questione di sguardi e di cuore. Nemici mai.
Sinisa, Romagnoli e quell'incontro di otto anni fa
Quello tra Sinisa e la Lazio però non sarà l’unico incrocio di Lazio-Bologna. Domani l’allenatore rossoblù, troverà infatti nella difesa biancoceleste una sua vecchia conoscenza, da lui scoperta e lanciata tra i grandi. Alessio Romagnoli. Per lui sarà una prima volta, da titolare, nella squadra per cui ha sempre tifato fin da bambino. Guardando la panchina avversaria gli verrà spontaneo dire grazie, per un incrocio di 8 anni anni fa che probabilmente gli ha cambiato la carriera. Alessio era alla Samp, in prestito dalla Roma, si fa notare e Mihajlovic lo butta dentro. Farà poi lo stesso con Donnarumma e con tanti giovani a Bologna. “Se sei bravo giochi, della tua età chi se ne frega”. Diktat. E alla fine ha avuto ragione lui. Alessio non può fare altro che ringraziarlo. Curiosità: entrambi hanno in comune un passato in giallorosso. Tutte le giovanili per Romagnoli, più l’esordio in Serie A con Zeman, due stagioni(dal 1992 al 1994) per Sinisa che racconterà “sono stati gli anni più brutti per me da giocatore”. Sipario.
Le strade dei due si incroceranno di nuovo poco dopo. Stavolta al Milan. L’allenatore serbo viene scelto da Galliani e dalla dirigenza e nella lista dei desideri mette Romagnoli. La Roma spara alto, si tratta e alla fine si scende un po’. Trenta, ventotto, poi si chiude a 25. Berlusconi inizialmente tentenna, poi si fida e dà l'ok. L’avventura di Mihajlovic in rossonero finirà qualche mese dopo, mentre quella di Alessio terminerà con lo scudetto alzato al cielo da capitano, prima dell’addio. In mezzo ci sono state tensioni, annate storte e qualche gioia. Domani, dietro all’abbraccio tra i due, ci sarà tutto questo e tanto altro.