L’album dei ricordi di Pietro Lo Monaco ha la copertina rossazzurra, e non può che essere così. Il Catania è “un figlio che stava morendo” e a questo richiamo “il Direttore” ha risposto presente. Magari, prima di dire di nuovo sì al Catania in estate, ha sfogliato le foto della sua prima esperienza in Sicilia. Promozioni, sorrisi, intuizioni. Perché Pietro Lo Monaco è così, un guru del calcio con il coraggio di chi non ha paura di credere nelle proprie idee. E di ascoltare se stesso, forse soltanto se stesso. Fu così quando scelse Montella perché la squadra aveva bisogno delle caratteristiche che Lo Monaco aveva intravisto in lui, anche se allora era “solo un azzardo”. E adesso invece l’Aeroplanino ha fatto decollare il Milan, tornato terzo in classifica. Ma fu così anche quando capì che al Catania mancava carattere, quello di Sinisa Mihajlovic: “Un combattente”, racconta Lo Monaco a gianlucadimarzio.com. Un combattente che ora ha messo le ali al Torino: “Combattente lui, animo da combattente il Toro. Si sono sposati bene, e fa piacere vedere tutti questi allenatori di successo che hanno una matrice in comune…”. Il Catania, ovviamente. E Lo Monaco, direttore di idee e di pensiero. Ma sopratutto uomo di calcio e di coraggio. Ne serviva quando capì che “avevo una squadra buona che in quel momento si era fatta prendere troppo dalla tattica e dal compitino. Ci serviva un capitano non giocatore, e scelsi il Cholo Simeone”. Vi sentite ancora? “No, ma c’è stima ed affetto. A volte ci siamo incontrati… Io gli dicevo sempre che stava studiando per diventare un grande allenatore”. E diciamo che non si è poi sbagliato molto Lo Monaco… Lo rivedrebbe in Italia? All’Inter? “E’ un allenatore intelligente che vuole vincere. L’Inter è diventata una telenovela, quasi una farsa. Casting, idee veramente confuse. Se da un lato l’avvento di chi ha i soldi può portare qualcosa di buono, poi ci deve essere capacità di usarli. Se l’Inter vuole riportarlo in Italia, va bene. Ma Simeone non accetta un progetto se non è vincente, quindi farebbero bene a muoversi prima e programmare il futuro”.
Montella, Mihajlovic, Simeone: “Allenatori diversi”, racconta Lo Monaco. Che sa scegliere momenti e caratteristiche giuste per le sue squadre. Perché poi “un allenatore è fatto di tante cose, mica c’è solo il campo. Quando ci fu la polemica con Mourinho, io avevo semplicemente detto che lui è il numero uno nella capacità di motivare. Come motivatore, ma non come allenatore. Montella per me invece è il numero uno come capacità di gioco in campo, il migliore in Italia insieme a Sarri”. E chi rivorrebbe Lo Monaco? “Rigoli, quello che c’è adesso. Loro fanno solo parte di un passato bello, ma mi auguro che ci siano altre pagine da scrivere nella storia del Catania”. Dove un capitolo è dedicato anche a Rolando Maran, un altro che non ha stupito Lo Monaco: “Assolutamente un altro grande allenatore, e non da ora. Rolando è un grandissimo tattico, le sue squadre le mette bene in campo, fanno le due fasi in maniera equilibrata. E’ un allenatore di grande affidabilità, io gli feci fare l’allenatore praticamente già ai tempi del Brescia. C’era Sonetti, lui era il secondo di Baldini e quando fu esonerato ho voluto fortemente che rimanesse lui. E cominciò così la sua carriera”.
Ma a Catania non sono passati solo grandi allenatori, perché quella squadra lì era soprattutto talento. E intuizioni felici di un mercato fatto con le idee prima che con i soldi. E non è un caso che adesso, dopo anni, i giocatori di quel Catania ancora fanno la differenza. A partire dal Papu Gomez: “Tanta roba. A volte si spendono milioni e milioni per giocatori dal nome più affascinante o più pompati come Iturbe, che non aveva mai giocato nel River e nel Porto e che aveva fatto mezzo campionato nel Verona: 30 milioni di euro. Gomez lo pagai 1,2 milioni di euro a dimostrazione che i buoni giocatori ci sono dappertutto, basta saperli scegliere e gestirli. L’importante è la gestione, una buona gestione fa di un buon giocatore un grosso giocatore”. Retroscena di mercato? Possibile che una big non gliel’abbia mai chiesto? “Sì, l’Inter. Voleva Gomez nel 2012, c’era una trattativa ben avviata poi quando andai via da Catania… si fermò tutto”. C’è un’intuizione cerchiata di rosso nell’album di Lo Monaco e del Catania? “Farei del torto a tanti ragazzi presi dal niente che hanno fatto tutti bene, mantenendo fede alle aspettative. Mi piace pensare ai ragazzi scovati in C come Biagianti, preso dalla Pro Vasto e poi protagonista in A per dieci anni. Ma gli stessi Izco, Gomez, Barrientos, Bergessio, Vargas, Spolli… Nessuna in A è come il Catania di allora. Si scovava senza soldi”, ma solo con le idee. Quelle del direttore, quelle di Pietro Lo Monaco.