Un Mondiale per Club e un altro conquistato da capitano della nazionale tedesca, una Champions League, nove scudetti e altri innumerevoli trofei: Philipp Lahm, oggi 34 anni, è stato protagonista di una carriera a dir poco strepitosa. Terminata, per sua decisione, all'età di soli 33 anni. "Avevo voglia di imparare qualcosa di nuovo, di costruirmi un mio mondo, e così sono entrato nella Sixtus, un marchio posto sulle valigette dei medici di quasi tutta la Serie A. Non riuscirei, oggi, a pensare la mia vita ancora scandita da allenamenti giornalieri", ha raccontato l'ex terzino del Bayern ai microfoni de La Gazzetta dello Sport.
Dal calcio tedesco a quello italiano, Lahm ha parlato un po' di tutti: "In Germania il Bayern è ancora la grande favorita, anche se alla Bundes non farebbe male una maggiore competitività. Mi piace lo Schalke, che però dovrà spendere energie anche in Europa. Vedo bene l'Hoffenheim, ma spero soprattutto in un ritorno del Dortmund ai livelli di un tempo. L'Europa? Per vincerla servono i fuoriclasse, e onestamente dubito che il Bayern tirerà fuori 200 milioni. Da noi, si preferisce puntare sui giovani, possibilmente tedeschi..."
Diverso è invece il discorso per la Juve, che in questa sessione di mercato si è portata a casa Cristiano Ronaldo: "I bianconeri tatticamente sono sempre al top, tra i pochi che ogni anno potrebbero essere in grado di vincere la Champions League. Poi, ora, c'è anche CR7: se gli lasci un centimetro va al tiro, e quasi sempre fa gol. Non lo riesci a marcare, perché è perfetto con entrambi i piedi". Un altra grande new entry - o, in questo caso, un ritorno - del calcio italiano è invece Carlo Ancelotti, oggi al Napoli, qualche anno fa in Baviera con Lahm: "Carlo è un grande tecnico, non è vero che ci faceva allenare poco. Con lui le cose non funzionarono benissimo, ma sono felice di averci lavorato insieme".
Capitolo nazionali: l'Italia, come la Germania, necessita di una ricostruzione: "Momenti di crisi possono tornare utili, da noi i giovani talenti non mancano e sarà sufficiente recuperare il terreno perso. In Italia il problema mi sembra un po' più profondo, ma Mancini è l'uomo giusto per ripartire". Dal confronto di Lahm a quello sul campo: tra azzurri e tedeschi, negli anni, non sono mai mancati i big match. "La sconfitta del 2006 fu la peggiore. C'era tanta euforia intorno a noi, perdere ai supplementari non è bello. Provai grande amarezza, una sensazione di vuoto".
L'intervista completa su La Gazzetta dello Sport