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Data: 29/01/2023 -

Kovacevic, lo "spagnolo" di Serbia. Dalla Juve ai problemi al cuore: "Il calcio è tutto quello che ho"

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La nostra intervista a Darko Kovacevic: il ricordo dell'amico Mihajlovic, la partita di Perugia e le "guardie del corpo" Montero e Iuliano
La nostra intervista a Darko Kovacevic: il ricordo dell'amico Mihajlovic, la partita di Perugia e le "guardie del corpo" Montero e Iuliano

Un serbo che parla lo spagnolo meglio di Federico Garcia Lorca. D’altronde Darko Kovacevic è sempre stato imprevedibile, anche in campo. Segnava di testa, di destro, di sinistro…C’è stato un periodo in cui Ancelotti alla Juventus aveva sempre una certezza: entra Kovacevic, gol assicurato. Carletto conosceva bene Darko. "Alla Real Sociedad stavo facendo bene. Ancelotti e la Juventus mi seguivano da parecchio. Avevo tante offerte ma quando ti chiama un club come la Juventus non ci pensi un attimo".

Amico, compagno e avversario: Sinisa

"Non ero titolare ma segnavo tanto. Davanti c’erano Pippo (Inzaghi, ndr) e Del Piero". Dalla Juve poi è arrivata una breve parentesi alla Lazio, dove gioca per qualche mese insieme al suo amico e compagno di nazionale Mihajlovic. "Ci mancherà tantissimo", ci racconta Darko con la voce rotta dall’emozione. "Sinisa era un grandissimo uomo. È difficile solo parlarne perché non riesci a trovare le parole giuste per descrivere quanto è stato brutto perderlo".

 

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 La Juve di Kovacevic: Perugia, Zizou e le "guardie del corpo"

L’allegria torna nella telefonata riparlando di Juve. "Quella squadra aveva grandissimi giocatori: Del Piero, Davids, Tacchinardi, Pippo (sempre Inzaghi, sempre chiamato così per tutta l’intervista, ndr). Ma ce ne è stato uno sopra a tutti gli altri. "Zizou è stato un giocatore totalmente differente".

 

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Perciò era stata una lotta tra titani nella stagione 1999-2000: la Juve e la Lazio di Nedved e l’amico Sinisa. "Quello della partita di Perugia è sicuramente il giorno peggiore della mia carriera. Nello spogliatoio c’era un silenzio che non dimenticherò mai. Anche dopo siamo andati a mangiare a Torino e tutti in silenzio. Ci ho messo tempo per recuperare da una cosa del genere. La Lazio aveva una grande squadra, ma quell’anno meritavamo di vincere. Eravamo sempre stati avanti noi".

 

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Nonostante i tanti campioni, "il gruppo è sempre stata la forza della Juventus per vincere e lo dice chiunque sia passato lì". Un feeling che nasce nelle camere. "Io ero con Marc Iuliano. Avevo legato anche con Montero, due grandissime persone. Con loro due avevo le guardie del corpo (ride, ndr)". Amicizie che vanno anche oltre il tempo. "Del Piero quando ero in Spagna mi mandò anche il suo libro". 

"Aver portato la maglia della Juventus per me è stato un grande orgoglio e sono stato privilegiato a giocare in una squadra del genere. Non giocavo tanto ma sono sicuro che i tifosi non mi dimenticheranno. Però arriva anche il momento di giocare. La scelta di cuore è quella della Real Sociedad, dove aveva giocato per tre anni prima di arrivare a Torino. "È la mia seconda casa. Sapevo che era una piazza bellissima. È un club speciale per me. Ero straniero ma conoscevo bene la mentalità basca: in allenamento si mette lo stesso impegno che si mette in partita. Mi sentivo bene lì".

 Questione di cuore

Dalla Real Sociedad passa all’Olympiacos. Un idolo anche in Grecia. Soprattutto dopo quel gol in Champions League proprio contro la Lazio all’Olimpico. Prima Pandev per la squadra di Delio Rossi, poi "Galletti segna e io entro nel secondo tempo. Primo pallone che tocco subito gol". Olympiacos agli ottavi, non succedeva da quasi 10 anni.

 

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L'esperienza in Grecia però termina prima del previsto. "Avevo 35 anni quando il medico mi ha detto che dovevo smettere di giocare. Dovrò ringraziarlo per sempre. Sapevo che era un problema genetico della mia famiglia: ho perso per problemi di cuore mio padre, mia madre e mio fratello. Perciò sapevo che dovevo controllarmi. È stato un colpo parecchio forte, ma mi ha salvato la vita quel medico". Arteria principale otturata al 98% e installazione di uno stent. "Ora sto bene. È stato forzato come ritiro, ma in quel momento non ci ho pensato".

 

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La ripartenza? Sempre dal calcio. "Non so fare altro". Eppure Darko in mezz’ora ci ha dimostrato molto più del calcio in sé: umanità, comprensione e quel pizzico di imprevedibilità.



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