Dentro o fuori: 45’ cambiano la storia della Juventus, di Pirlo, forse del campionato. Vincere per 3-1 contro la Lazio, in rimonta e con un monte di difficoltà alle spalle, è forse la migliore prova possibile che l’allenatore avrebbe potuto chiedere alla sua squadra. Dopo Verona, qualcosa nello spogliatoio è cambiato. C’è stato un confronto lungo, lo hanno raccontato più o meno tutti i giocatori: da Chiesa a Morata, decisivi e protagonisti.
Perché nella Juve sono in tanti a non essere al top: molti devono stringere i denti; c’è chi torna in campo dopo uno o due allenamenti nelle gambe. Neppure Ronaldo parte titolare perché un po’ affaticato. Incredibile. Alibi ce ne sono tanti. E quindi nessuno.
E per 25’, la Juventus ha dovuto dire addio all’ipotesi rimonta, che resta comunque difficile, “ma non impossibile”, per citare proprio l’Andrea condottiero. In quello spazio di tempo, succede tutto: la Lazio va in vantaggio con Correa, Rabiot la pareggia con un tiro che non vede incolpevole Reina. E poi è Morata-show, quello che in casa Juve speravano un po’ tutti quanti.
Un rapporto di amicizia oltre che professionale con Pirlo che chiama “capo”: la telefonata della scorsa estate, a distanza di mesi, non è stata sbagliata. “Come farà con Ronaldo?”, le prime domande. Legittime, visti i precedenti al Real, che sono spazzati via senza troppi dubbi. Il secondo tempo è tutto suo: fa gridare di gioia il suo allenatore, corre ad abbracciare Cr7 e si porta a casa i tre punti che ha già regalato alla Juventus nella partita contro lo Spezia. Senza, lo scudetto sarebbe stato molto lontano; con una vittoria è tutto diverso.
“Stai bene, Alvaro?”. “Ora sì”, risponde sorridendo. Un po’ come la Juve. Basta questo.