E' tornato sotto i riflettori per un rilancio lungo 70 metri. Normalità? Non proprio se lo fai con le mani. Ma Alireza Beiranvand aveva attirato l'attenzione già dalla scorsa estate, al Mondiale di Russia con il suo Iran.
Non tanto per le sue doti o per quel rigore parato a Cristiano Ronaldo, quanto per la sua storia. Una di quelle che cambiano grazie ad un pallone, una di quelle che raccontano di un'infanzia in una famiglia di nomadi e di un bambino che per aiutare i genitori ha lavorato come pastore.
Nel tempo libero coltivava la sua passione per il calcio e si dilettava anche con il Dal Paran, un gioco locale che consiste nel lanciare pietre il più lontano possibile. Ecco, forse proprio quegli allenamenti a Dal Paran gli hanno permesso di fare un rilancio come quello di due giorni fa in Coppa d'Asia, nella partita contro l'Iraq.
Perché alla fine Beiranvand una casa 'fissa' l'ha trovata. Tra i pali. Quasi per caso però. Aveva 12 anni e quando con la famiglia si stabilì a Sarabias iniziò ad allenarsi con una squadra del posto. Primo ruolo? Attaccante. Poi l'infortunio del portiere, ed ecco che dal fare gol Beiranvand è passato al pararli.
Una passione che cresceva, come lui, nonostante il padre fosse contrario, tanto da nascondergli i guanti. "Diverse volte ho dovuto giocare a mani nude", aveva raccontato in un'intervista al Guardian.
Che fare? Qualche soldo chiesto in prestito, un bus per andarsene. Via, direzione Teheran solo in cerca di un'occasione. Quella che trovò già su quell'autobus, incontrando Hossein Feiz, allenatore di una squadra del posto.
Peccato però che Beiranvand non aveva un centesimo e si ritrovò a dormire per strada, nei dintorni della Azadi Tower oppure davanti alla porta della sede del club. "Quando mi svegliavo la mattina trovavo delle monete che qualche passante mi aveva lasciato vedendomi lì...".
Di certo il calcio ancora non gli bastava per vivere. Quello restava ancora una passione, mentre per vivere prima ha lavorato in una fabbrica di vestiti, poi in un autolavaggio. Qui un altro incontro da ricordare, anche se non significativo, con la leggenda del calcio iraniano Ali Daei. "Vai a parlare con lui!", lo incoraggiavano i colleghi. Ma niente, era troppo sicuro che avrebbe trovato il modo di vivere di calcio da solo con le sue forze, senza chiedere favori.
Anche a costo di aspettare ancora e di avere bisogno di trovare un altro lavoro, questa volta in una pizzeria. Nessuno del 'suo' mondo calcistico doveva vederlo in quelle vesti, tanto meno l'allenatore. Il destino invece ha voluto che quest'ultimo andasse a ordinare una pizza proprio nel locale dove lavorava. L'ha servito (costretto dal suo capo) e dopo pochi giorni ha lasciato anche quest'altro lavoro. E dalla pizzeria è passato al pulire le strade.
Difficile farsi trovare sempre pronto e fresco fisicamente per le partite ma per Beiranvand il movimento non è mai stato un problema. Come spostarsi da una città all'altra, prima con la famiglia, poi con il suo desiderio di diventare un calciatore che non l'ha mai abbandonato.
Un tira e molla con il Naft, poi la stabilità. Prima il 'licenziamento' perché si era infortunato giocando per un altro club, poi il tentativo con l'Homa seguito dal rifiuto di fargli firmare un contratto. Infine, la seconda chiamata dal Naft. Di nuovo. "Forse è stato il destino a non farmi firmare con l'Homa. Se fossi rimasto lì forse non avrei mai raggiunto il livello al quale sono adesso".
L'Iran Under23, la conquista della prima squadra. E i riflettori addosso nel 2014 per un rilancio lungo 70 metri sempre con le mani che è diventato un assist che ha catturato l'attenzione della stampa internazionale. Un po' come quello recente in Coppa d'Asia. Ed è difficile non pensare che sia come la chiusura di un cerchio che lo riporta al passato. Perché forse, non tutto, ma molto è merito del Dal Paran.