Inter-Barcellona, in programma martedì sera, sarà la sua partita. Lo è stata all’andata, quando ha giocato a sorpresa e ha segnato il gol dell’1-0 per i blaugrana e lo sarà anche in occasione del match di ritorno. Rafinha non ha dimenticato i pochi mesi trascorsi in Italia con la maglia nerazzurra, e ora è pronto ad affrontare nuovamente il suo passato in quella che è stata la sua casa. A pochi giorni dal fischio d’inizio, in una lunga intervista sul Corriere dello Sport, il brasiliano ha parlato di tutto, anche del rimpianto di non aver potuto continuare la sua storia a Milano.
“Quando ho segnato nella partita di andata ho sentito una grande gioia dentro di me, ma al contempo mi è venuto naturale non festeggiarlo per rispetto verso i miei ex compagni. L’episodio con la bottiglietta di Handanovič? È stato spontaneo. Non ci fosse stata un’amicizia con Samir non avrei mai potuto chiedergli di passarmi l’acqua. Quella sera è stato tutto molto speciale e al contempo strano. Pochi mesi prima lottavo fianco a fianco con dei compagni fantastici e ora me li ritrovavo di fronte come avversari. È stato emozionante".
"Se tutto fosse andato come pensavo, le cose potevano essere diverse, ma non è stato così e ora sono molto felice e motivato di essere qui. Ho ricevuto tanto affetto dai tifosi dell’Inter e li ringrazio tantissimo. Mi sono sentito appoggiato fin dall’inizio. Mi sono rimasti nel cuore. Io ero convinto che sarei rimasto ma non è stato così. Hanno preferito altri giocatori e non resta che andare avanti". Il brasiliano torna poi sulla sua esperienza in Italia: “L’affetto e la riconoscenza che provo per l’Inter nasce dal fatto che mi hanno accolto dopo nove mesi di inattività. Quando sono arrivato non avevo molti minuti nelle gambe".
"Sono stati bravissimi nella gestione della mia convalescenza. Mi hanno lanciato poco a poco. La mia urgenza era recuperare le migliori sensazioni prima possibile. L’idea, comunque, era di un lungo progetto lì. Non c’è stato un momento preciso in cui mi sono reso conto che non sarebbe stato così. Passavano le settimane e mi rendevo conto che stavano mettendo sotto contratto altri giocatori. Spalletti? Quando dico che è stato diretto mi riferisco a suo modo di allenare, dirigere il gruppo. Del mio futuro in Italia non ho parlato con lui".
Passando poi al resto e ad altri allenatori avuto in carriera, Rafinha aggiunge: "Luis Enrique uno dei migliori. Molto completo sia dal punto di vista tattico che motivazionale, con lui ho imparato moltissimo. Il debutto è arrivato con Guardiola, un’emozione incredibile: debuttavo al Camp Nou al fianco di mio fratello Thiago. Abbiamo passato tutta la vita insieme giocando a calcio per strada, con un pallone e due giacche buttate per terra come porta. Arrivare al top insieme… Memorabile! Valverde poi sa bene quello che fa e la sua gestione del gruppo è impeccabile".
"Il mio ruolo? Sono un centrocampista. All’Inter giocavo lì, anche se al Barça ho fatto spesso l’esterno d’attacco. Mio papà è stato molto più di un allenatore. Lo guardavamo, lo ammiravamo e lui giocava con noi e ci ha insegnato tantissimo. Da bambino volevo stare in porta, ma lui ha insistito perché fossi un giocatore di capo ed è stato un buon consiglio. Ha giocato anche in Italia, anche se a Lecce e a Firenze io non ero mai stato, e neppure a Milano. L’Italia è stata una bellissima sorpresa per me. Mio fratello è nato vicino a Brindisi, io invece sono di San Paolo; papà giocava al Palmeiras quando sono nato".
"Mia sorella è nata a Rio, la città in cui ho vissuto gran parte della mia infanzia. Siamo tutti sportivi e anche il mio fratellino di nove anni è molto promettente come calciatore“. Poi ancora altri ricordi: “Il principale insegnamento dei miei genitori e l’umiltà. Hanno sempre insistito sul fatto che dovessimo trattare tutti come vorremmo essere trattati anche noi. Oggi ad un bambino consiglierei di essere felice mentre gioca. Prima di ogni partita mio padre continuava scrivermi lo stesso messaggio: divertiti! L’incidente sofferto all’Olimpico di Roma mi ha migliorato come calciatore come professionista. Ho anche migliorato le mie doti di chitarrista nelle lunghe ore in cui non mi potevo alzare dal letto…".
"Nessun male viene senza portare un insegnamento. Neymar? Siamo grandi amici. Ci siamo conosciuti a Barcellona prima di scegliere la nazionale brasiliana. Abbiamo realizzato il sogno di vincere insieme l'oro olimpico a Rio. Mio fratello invece gioca con la Spagna, sono scelte difficili ma lui è sempre stato convinto di giocare per quella nazionale; io avevo le idee meno chiare ma alla fine ho scelto col cuore il Brasile, anche se mi rimane il rimpianto di non poter giocare con lui". Infine ancora l’Inter. Qualche rimpianto per non essere rimasto a Milano? “Non sono una persona portata serbare rancore - continuare Rafinha - anche dopo l’infortunio subito da Nainggolan mi aveva inviato un messaggio e oggi gli auguro di vincere molto con l’Inter".
"La Serie A ha fatto un salto di qualità e la consiglierei anche mio fratello, sia per il calcio che per lo stile di vita. Milano è una città meravigliosa, io vivevo nel quartiere CityLife, mi sono trasferito insieme al mio migliore amico, il mio fisioterapista e il mio preparatore fisico. Abbiamo formato una piccola famiglia. Ci siamo innamorati dei Navigli. Lì ho ritrovati Icardi, andavamo a scuola insieme e abbiamo la stessa età. Io ero un po’ più bravo sui libri... in campo invece lui è sempre stato così, pazzesco".
"Dovesse ripresentarsi l’opportunità di tornare? Non mi piace ragionare con i se. Ho vissuto una grande esperienza e nel mio cuore ci sarà sempre uno spazio per l’Inter. Rispetto moltissimo Zhang, all’inizio mi ha sorpreso ma ci metti poco a capirne l’intelligenza, la saggezza e la serietà. I nerazzurri non sono così lontani dalla Juve oggi, il progetto è ottimo”, ha concluso Rafinha.