Il vecchio e il bambino. E un popolo che prima di tornare a far festa 22 anni dopo ha pianto, allo stadio e non solo. Sembra l’incipit di una favola, invece è realtà. Una rinascita, questo sì. Un viaggio che parte dalle radici italiane in Brasile e che oggi vive una delle tappe più belle, quella del ritorno alla vittoria. Il viaggio del Palmeiras, un tempo Palestra Italia, perché fondato dagli italiani di San Paolo dopo una tournée di Pro Vercelli e Torino. La squadra brasiliana del secolo, in quanto capace di vincere almeno una volta tutte le competizioni nazionali a cui ha partecipato. Che non vinceva però un Brasileirão dal lontano 1994. Fino a… Ieri. Dopo una serie di problemi economici e due retrocessioni (2004 e 2012), O Gigante si è risvegliato. 9° titolo arrivato con una giornata d’anticipo ai danni del Santos (fermo a 8 e staccato così nell'Albo d'oro), grazie alla vittoria per 1-0 contro la Chapecoense e alla contemporanea sconfitta del Peixe contro il Flamengo. “Sto per realizzare il sogno di vincere il Brasileirão dopo 22 anni. È una responsabilità enorme perché il Palmeiras ha più di 10 milioni di tifosi: devo vincere. Altrimenti è una tragedia...". Parole di Alexi Stival Beludo detto Cuca, l’allenatore artefice di questo successo, che in una recente intervista ha allungato quel filo che unisce il Palmeiras e l’Italia: "Sì, un viaggio in Italia è fra i miei programmi del 2017. Voglio girare l’Europa per conoscere gli allenatori più validi. Avrei voluto farlo dopo l’esperienza cinese, ma non ne ho avuto il tempo. Ho seguito Sarri, che ha fatto un ottimo lavoro con l’Empoli e poi con il Napoli. Mi piacerebbe osservare da vicino il lavoro degli allenatori italiani". Adesso potrà farlo con un titolo in più in tasca.
IL VECCHIO – Il titolo del Palmeiras è la vittoria della ciclicità. 1994: l’ultimo campionato vinto dal Verdão. In quello stesso anno cominciava, di fatto, la carriera dell’allora ventenne Zé Roberto alla Portuguesa. Poi Real Madrid, Bayer Leverkusen, Bayern Monaco. Un lungo peregrinare con ritorni anche in patria. Ultimo quello al Palmeiras. E oggi Zé Roberto, a 42 anni ha vinto il suo primo titolo nazionale, dopo aver conquistato Bundesliga e Liga. E non ha intenzione di smettere, almeno per un’altra stagione. Vuole giocarsi la Libertadores. "Questo titolo ha un significato speciale. Mi prendono in giro dandomi del nonno, ma io mi diverto ancora come un ragazzino e non voglio fermarmi. Giocherò un altro anno, almeno." Questa sì, forse, somiglia a una favola. Poi però ci sono le prestazioni in campo, le presenze (27), la determinazione. L'e(s)terno è un esempio di come la passione può essere alimentata dalla disciplina. Nessun filtro di eterna giovinezza, solo tanto lavoro e sacrificio. Dal 1994...
... E IL BAMBINO – Il bambino, nel 1994, non era ancora nato. Ancora 3 anni, 1997. Primi calci al pallone in strada, nel quartiere Jardim Peri di San Paolo. Gabriel Jesus oggi ha 19 anni e Zé Roberto potrebbe essere suo padre, sì. Eppure è già uno dei talenti brasiliani più fulgidi e ha vinto un oro olimpico con la nNazionale verdeoro. E comincerà, dopo questo titolo col Palmeiras, il suo viaggio nel vecchio continente: è stato già acquistato dal Manchester City per oltre 30 milioni di euro e lasciato in Brasile fino a dicembre. A gennaio saluterà San Paolo per il grigiore di Manchester, con in dote 12 gol decisivi per la vittoria del Brasileirão .E pazienza per il clima, ad attenderlo c’è uno dei più importanti maestri di calcio degli ultimi anni. Così il bambino potrà crescere, diventare grande e... chissà, tra vent’anni e oltre chiudere un altro cerchio. Lì dove tutto iniziato, lì dove O Gigante si è risvegliato.