Macchina già bella calda. "Sei pronta?", quasi le parlo. Oltre duecento chilometri tra andata e ritorno, un bel viaggetto. Ma se ami il calcio non sono nulla. Ore 16, Benevento è lì più lucente che mai. Il sole alto in cielo, nonostante il meteo dicesse tutt'altro. Ma per una giornata storica anche il clima ha voluto indossare il suo abito più bello. Fila al parcheggio, fila agli accrediti, fila all'ingresso esterno, fila anche a quello interno. Insomma, il copione era chiaro. E diventa cristallino quando si entra: un'ora e mezza prima della partita, stadio già gremito. Non ci sono posti, da nessuna parte. Si aprono addirittura altri settori, e non era in preventivo. Ci si fa largo tra la folla a braccia aperte, un piccolo spintone di qua, una leggera botta di là. Alla fine eccola la tribuna stampa. E indovinate? Anche lì, nisba: posti tutti occupati.
Arriva un altro giornalista, dopo di me, alla ricerca di una postazione. Niente anche per lui. Poi ci si accorge che lì, agli ultimi posti vicino ai gradoni di cemento, ci sono due uomini che non sembravano giornalisti. Il collega chiede lumi all'addetto stampa, poi si rassegna. Anzi no. Ne parla direttamente con il diretto interessato, l'uomo in foto. "No, non sono un collega, le parlo con sincerità". Un po' straniti, quasi arrabbiati, ci chiediamo perché lui debba essere lì, in una delle postazioni dedicate alla stampa, e noi in piedi sui gradoni. L'uomo forse capisce e prova a spiegare. "Io sono seduto qui dall'inizio della stagione, praticamente da sempre. E' un fatto di scaramanzia. Possono venire anche i carabinieri, io da qui, proprio oggi, non mi muovo". E be', ci si appella a tutto, è vero. L'appuntamento con la storia non si può proprio fallire stavolta. Ma non ci convince, l'arrabbiatura non passa mica.
Fischio d'inizio. L'uomo, incollato al suo posto, accende il sigaro. Lo poggia alla bocca, lo fuma lentamente. Un po' più veloce al palo di Lepore, il nervosismo è tangibile. Noi sempre lì, in piedi sui gradoni, a segnare appunti in qualche modo. "Oggi sono saltati tutti gli schemi" si sente in giro per il Vigorito, più popolato di prima addirittura. Mazzeo segna di testa l'1-0, i ventimila cuori esplodono di gioia. "E tanto già lo so, che l'anno prossimo, alè alè ohh". Ma perché cambiano il coro? Non recitava "Gioco di sabato"? "No, qui siamo scaramantici, fino a che non sarà tutto aritmetico non si dice. Pensa che dalla sconfitta di Lecce, all'andata, i giocatori non sono mai più andati sotto la curva a festeggiare, a nessuna vittoria. E ce ne sono state tante eh..." si confida l'uomo, sempre al suo posto. Non si stacca da lì. Cissè raddoppia, è 2-0. La promozione ormai quasi si tocca, servirebbero tre gol al Lecce per rovinare la festa.
L'arbitro fischia due volte. Il tifoso seduto al posto della stampa spegne il sigaro. "E' scaramanzia anche questa. Lo riaccendo quando comincia il secondo tempo". E così è. Si riparte. Il Benevento amministra, da grande squadra. Non rischia niente. I minuti corrono, ma nessuno si sbilancia ancora. Poi Mazzeo calcia ancora, il portiere respinge ma non quanto basta, la palla si avvicina alla linea di porta. Sarebbe stato già gol, ma Marotta glielo 'ruba' e scaraventa in rete. E qui si capisce una cosa semplicissima, che però spesso ci si dimentica: il calcio, prima che uno sport, è passione. E' qualcosa in più. E' amore, nella sua forma più pura. Come diventa chiaro? Ci voltiamo. L'uomo posa il sigaro. Scoppia a piangere. Sono lacrime di gioia. Non ci si crede, la promozione è ormai in tasca e a Benevento la si attendeva da decenni.
Confesso: "Sa, quando siamo arrivati e non abbiamo potuto prendere il nostro posto in tribuna stampa anche a causa sua, ci siamo innervositi. Adesso è già un ricordo lontano, abbiamo sbagliato. E l'abbiamo capito guardando lei scoppiare in lacrime, perché se una squadra riesce ad innescare queste emozioni, allora è proprio amore". Adesso sorride, ha capito anche lui di aver trasmesso qualcosa di inimmaginabile. Il cronometro scorre, il novantesimo arriva in men che non si dica. "Al termine della partita vi preghiamo di restare ai vostri posti, in modo da festeggiare sugli spalti. Grazie" urla lo speaker. Macché! L'arbitro fischia tre volte e, manco a dirlo, è invasione di campo. Come lo fermi questo uragano di emozioni? Come la fermi questa voglia di vivere un sogno? Non si può. Sono tutti in campo. I tifosi si stendono a terra, baciano il prato, anche il dischetto del rigore. Si commuovono, quasi tutti. Si guardano negli occhi. "Hai capito cosa è successo oggi? Si è scritta la storia!" urla un ragazzo ad un amico. E sì, perché questa è più di una promozione. E' quel sogno che, rincorso per tanti anni, sfiorato tante volte, dopo mille attimi di sofferenza, diventa realtà. Il sigaro si spegne, adesso nessuno ha più paura di cantare a squarciagola quel coro, così com'è. Il sabato sarà appuntamento fisso per il Benevento, con la Serie B. Le lacrime, miste ai sorrisi tanto larghi da mostrare tutti i denti, terminano. La gioia no, la festa è appena cominciata. E se qualcuno aveva dubbi, con una giornata a Benevento vengono spazzati via: il calcio è più di un semplice sport. Il calcio, banalmente, è l'emozione più bella del mondo.