Maxi Lopez rinasce a Rio de Janeiro. Vasco da Gama. “Qui sto da Dio. Gioco 90’, segno e mi diverto. I tifosi mi vogliono bene. A 34 anni la mia carriera sta vivendo una seconda giovinezza. Devo ammettere che lasciare l’Europa mi ha permesso di uscire da una situazione in cui, inconsciamente, pur dando sempre il 100%, non riuscivo a focalizzarmi a pieno sul mio lavoro, su quello che ho sempre amato fare”. Gol, gol, e ancora gol. Ma col sorriso però: sono già 7 in 15 partite di brasileirao. Più 4 assist. Prima del suo arrivo il Vasco rischiava la retrocessione, adesso è quasi salvo. Il Brasile come punto di ripartenza, diciamo pure inaspettatamente. Maxi ci spiega in esclusiva. “Non pensavo di venir fin qui! Ma quando è nata questa possibilità ho accettato al volo. Il perché è abbastanza semplice: avevo bisogno di cambiare aria. Concentrarmi sul calcio. Pensare più a me stesso. Ho sempre gravitato intorno Milano per stare vicino ai miei bimbi ma negli ultimi tempi sono successe un po’ di cose per cui non potevo più vederli quanto volevo. Così ho deciso di dare una svolta radicale alla mia carriera, alla mia vita". Ma quanto è bella Rio? “Un paradiso. Ho vissuto un inverno con 30 gradi! Il clima è pazzesco, la gente ama il calcio, come, se non più che in Italia. La mia squadra, il Vasco, ha 40 milioni di tifosi! Sto vivendo un’esperienza unica”. Entusiasmo alle stelle. “E’ molto complicato farsi un giro tra la gente, qui sembra Napoli o Roma. Sono tutti pazzi per il calcio! Poi figurati, in questa città ci sono anche più squadre, dal Vasco e il Flamengo al Botafogo quindi davvero, la passione per il pallone raggiunge limiti del fanatismo. Se ti riconoscono, in 5 minuti sei circondato da 200 persone. A San Paolo invece la vivono più serenamente”. Un argentino che fa innamorare un popolo di brasiliani è una storia curiosa. “Per noi argentini è sempre una sfida venire a giocare a calcio in Brasile. Se per caso t'infortuni e stai fermo per un po’ di tempo allora te lo fanno pesare 10 volte di più del normale, perché comunque la rivalità c’è sempre. Ma se fai bene ti adorano, ti amano, perché diventi l’argentino che ha conquistato la loro terra. Al Vasco mancava da troppo tempo una figura di spessore che potesse rappresentare il club. Me lo dicono tutti, dai tifosi ai dirigenti. Gli ultimi? Coutinho forse, Juninho Pernambucano”. Ora lui, Maxi Lopez. Oppure ‘El Galina’, soprannome ufficiale. “Nasce da Barcellona, perché dopo il mio gol al Chelsea - semifinale di Champions - ho esultato imitando una gallina. E ti dirò, mi ci ritrovo perché amo follemente il River Plate e i tifosi del River sono chiamati ‘le galline’. Quindi perfetto”. Maxi Lopez in brasiliano suona diversamente: “El Tractor”. Il trattore. Che probabilmente sta per ‘macchina da guerra’. “Perché non mollo mai e faccio gol!”. Dopo averne fatti, tanti, al Monumental e al Camp Nou, Maxi ha lasciato il segno anche al Maracanà. “Che stadio allucinante! Già solo entrando si respira la storia del calcio. Nelle pareti ci sono tutte le foto degli avvenimenti che sono successi lì dentro, un’emozione indescrivibile. Pelle d’oca!”. Precisazione. Ha segnato tante reti, in tutti i modi, in 13 squadre diverse tra club e Nazionale ma Maxi non è un ‘malato’ del gol. Andiamo nello specifico. “Non mi ricordo tutti i gol che ho fatto! Quando sono arrivato a quota 100 neanche lo sapevo, me l’ha detto una persona che lavora nelle statistiche”.
Sole, cuore e pallone. Ma non in spiaggia, nonostante la location sia Rio. “Alla 'playa' ci vado poco, io sono più da casa”. Con il mate lì, sempre pronto a portata di mano. Cittadino del mondo, che ha vissuto un po’ ovunque. Il vizio? Viaggiare. “E’ uno stimolo a cui non riesco a rinunciare. Mi piace tantissimo prendere un aereo e andare, scoprire posti nuovi, gente diversa. Quando ero in Europa e avevo un giorno libero partivo senza pensarci”. Parla cinque lingue: "Inglese, spagnolo, italiano, portoghese e russo. Il mio prossimo obiettivo è il francese, di cui la mia ragazza è madrelingua. Io sono fatto così, vedo il calcio come se fosse una piattaforma dove crescere per il futuro". Ipotizziamo, per un secondo, che il calcio non sia mai esistito. “Cosa avresti fatto?”. L’altro Maxi è intrigante. “Forse avrei studiato per lavorare nell’architettura o nel design. Non so con quali risultati! C’è da considerare che io sono di un pigro devastante”. All’occorrenza conosciamo un Maxi-ballerino niente male. “A Udine la tua miglior performance?”. Lui se la ride. “Merito della musica!”. Poi racconta: "In quel momento lo spogliatoio aveva il morale basso così ho proposto questa cosa. ‘Facciamo un video?’. E loro, ‘sì, sì’. Ho ricevuto consensi anche da chi non mi aspettavo, gente seria come Danilo o Behrami. Quel pazzo di De Paul mi ha dato una mano ad organizzare il tutto e devo dire che è venuto fuori uno ‘spettacolino’ molto carino, quel video (RIVEDILO QUI) ha fatto il giro del mondo! Devo provare a farlo anche qui in Brasile….”. O forse no. “Ho solo paura che non smettano più di ballare! Qui la gente è allegria vivente”. Ma ora parliamo di partner, nel ballo ovviamente. “Sei mai andato in discoteca col Papu?”. Dribbling Maxi. “Ma io il balletto del Papu lo conoscevo già da tempo! Lo faceva già a Catania”.
Sveliamo un altro retroscena. “Sei rimasto chiuso in hotel per una settimana intera prima di iniziare la tua avventura al Milan…”. Ecco la storia. “Stavo per firmare un quadriennale per una squadra inglese ma un certo punto mi chiama Galliani che mi dice ‘aspetta, vieni a Milano da noi’. Fantastico. Nel frattempo però volevano prendere anche Tevez e creare la coppia Maxi+Carlos dato che noi due già ci conoscevamo tra Nazionali giovanili e altro. Ok. Io ho accettato in un secondo, anche in prestito, rifiutando i 4 anni che mi offrivano dalla Premier perché ci tenevo troppo al Milan. Tevez invece no. E la sua trattativa durò per un po’ di giorni! Mi dissero ‘aspetta che si sblocchi anche quell'operazione, resta lì’, e lì son rimasto. D’altronde non potevo tornare a Catania perché avevo già firmato per il Milan ma nemmeno andare a Londra perché avevo già detto di no; mi sono serrato una settimana dentro quell’hotel che tra l’altro era senza la palestra! Stavo impazzendo! Pensa che di nascosto cambiavo hotel solo per allenarmi in un’altra gym”. Esiste anche un Maxi parecchio social con 440 mila follower su Instagram. Noi commentiamo i like di Radamel Falcao. “Amico virtuale o amico per davvero? Verissimo! Lui era nelle giovanili del River io in prima squadra. Poi ci siamo sfidati in qualche Argentina-Colombia giovanile. Abbiamo un rapporto bellissimo, non abbiamo mai giocato insieme per questioni di età ma siamo rimasti sempre in contatto”.
In carriera si è tolto tante soddisfazioni, soprattutto con la maglia del Barcellona addosso. "Ma quanto pesa la Champions League?”. Maxi ricorda: “Eh, abbastanza. E’ una bella coppa. Me la sono baciata mille volte! Ho avuto la fortuna di alzarla a 21 anni e me la sono goduta tantissimo. Ho realizzato il sogno di vincere il trofeo più importante del mondo a livello di club”. Ma in blaugrana chi vinceva le gare su punizione? “Nessuna gara, non c’era storia. Arrivava quel mostro di Messi e calciava! Finiva ancor prima di iniziare! E se non c’era lui allora Deco o Ronaldinho”. A proposito di mostri. “Dinho era qualcosa di illegale in quegli anni. Ho avuto la fortuna di godermelo nel suo momento più alto, quando era il più forte al mondo. Pallone d’oro. Spettacolare. Ricordo che faceva numeri, giochi e giochetti già in spogliatoio quando era tempo di cambiarsi prima di scendere in campo. Ma cose allucinanti te lo giuro. Alle volte lui Messi e Deco si mettevano seduti e si passavano la palla tra loro in tutti i modi, con noi, resto della squadra, lì a guardarli estasiati”. Adesso la domanda da un milione di dollari: “preferisci il gol al Chelsea in semifinale di Champions oppure la doppietta al Palermo nel derby con il tuo Catania?”. Maxi ride, indeciso. “Il primo sicuramente indimenticabile, ma che goduria quella doppietta! Al mio primo anno in Italia, nel giorno del mio compleanno. Difficile scegliere”. Tra Barcellona e Real ovviamente nessun dubbio, tant’è che un giorno ha pure ‘mostrato' il dito medio allo ‘stemma’ delle merengue. “Gira una foto su internet…”. Lui svuota il sacco. “E’ stato un gesto spontaneo, che mi è venuto dal cuore! Non sono un tipo che si esprime in quel modo ma è andata così. Alle volte bisogna anche ammettere i propri errori". Sincero. Spontaneo. Maxi Lopez. Il giramondo che a Rio ha trovato la felicità.