Hellas Verona, Setti: “Il risultato sportivo verrà sempre dopo l’equilibrio di bilancio: non faremo come il Parma “
“Il risultato sportivo verrà sempre dopo l’equilibrio di bilancio”. L’Hellas Verona rischia una nuova retrocessione, la seconda in tre anni, ma il presidente Maurizio Setti non ne fa un dramma. Il bilancio prima di tutto, che deve essere in perfetta parità per evitare il “crack”: le entrate non sono in grado di permettere ai gialloblù costi di ingaggi e cartellini superiori a quelli spesi. Anche se, a detta dello stesso presidente, qualcosa poteva essere fatta meglio…
“Nel 2015 stavamo per crollare” – si legge nelle pagine del Corriere di Verona – “Sean Sogliano è il direttore sportivo con cui ho avuto l’intesa più immediata, gli voglio bene, ma è pure uno che spende tanto, prende giocatori che dopo servono a poco. Un esempio? Marquinho è costato 800mila euro d’ingaggio più 200mila di prestito dalla Roma. Il suo impiego, di fatto, ci costò, nel 2014, 400mila euro a partita. Ma potrei andare avanti ancora. La retrocessione arrivò l’anno dopo? E’ stata una stagione disgraziata. Pazzini si è fatto male, e già si era infortunato Luca Toni, con tanti altri. Avrei dovuto cambiare prima Mandorlini. Ma per Gardini, com’era già per Sogliano, vale un principio: a tutti e due ho dato potere di firma. Gardini, peraltro, non l’ha mai usata. Ho delegato troppo e proprio per questo la firma non la concedo a nessuno. Ce l’ho soltanto io. Perché tocca a me controllare, sono io che decido cosa e come spendere. Eravamo arrivati a un punto in cui l’Hellas pagava 38 milioni di ingaggi per i giocatori, su un fatturato che al massimo poteva raggiungere i 48 milioni. Insostenibile”.
Retrocessione? E’ il male minore per Setti: “Il risultato sportivo verrà sempre dopo l’equilibrio di bilancio. Meglio in Serie B sani che restare in A e fallire. Il Verona non farà come il Parma o come altre società che hanno fatto un “buco” economico folle e sono scoppiate. Noi l’Iva la paghiamo, e anche tasse e contributi. Tifosi? Li capisco, e il sogno che ho è vedere il Verona che si consolida in Serie A, cosa che accade più facilmenteafronte della crescita del fatturato. Mi prendono in giro perché parlo di internazionalizzazione del brand, ma è così che si cresce: marketing, merchandising. Il calcio è business. L’Hellas vale non meno di 70 milioni di euro. Questi sono numeri certificati, tra patrimonio giocatori, marchio, settore giovanili, introiti derivanti dai diritti tv. Il prezzo è questo. Offerte? Mai nulla di serio. Calzedonia? È un gigante, ma Sandro Veronesi non è interessato al calcio. L’Aia? Carlo Veronesi ci ha fatto visita, è passato dagli spogliatoi, ma non c’erano interessi specifici da parte sua se non quelli dettati dalla cortesia”.
Sulle voci di “stipendi” percepiti da Setti, l’imprenditore taglia corto: “Nel Verona i soldi li ho sempre messi, altroché. E non mi tiro fuori lo stipendio dal club, io prendo zero euro, sfido chiunque a dimostrare il contrario, sono fesserie”. Fiducia in Pecchia: “I giudizi li fanno i risultati. Il gruppo è con l’allenatore, e per questo non ho ragioni per dire che sia in discussione. Certo, oltre alla prestazione occorrono i punti. Se Pecchia saluterà insieme a Filippo Fusco? Credo sarà così, ma la decisione è loro, del tutto personale, al di là dell’esito finale del campionato. Chi arriverà dopo? Per l’allenatore vedremo. Come ds, escludo Toni, ha altre idee. Cerco uno che spacchi i numeri, che faccia tornare sempre i conti”. L’intervista integrale nelle pagine del Corriere di Verona.