Quando Matteo Di Piazza sbuca dal margine sinistro dello schermo, qualcuno è già in piedi. Il boato è fragoroso, di quelli importanti, perché importante è il momento che va a suggellare. Ma la scaramanzia e l’aritmetica dicono che bisogna rimanere con i piedi per terra ancora per un po’.
Più di settanta minuti di sofferenza prima di piegare la resistenza del Catanzaro. E’ mercoledì pomeriggio, ma a Foggia pare domenica. C’è gente nei bar, nei pub e un collegamento ad internet abbatte le distanze con la Calabria. A Catanzaro, però, il Foggia non è solo. Un centinaio di tifosi ha puntato auto e furgoni in direzione sud, qualcuno che è al Ceravolo comunica con la Puglia e racconta di un pomeriggio di pioggia, mentre l’arbitro sta per fischiare l’inizio.
Il centro di Foggia è deserto, pochi passanti e qualche distratto sguardo alle vetrine. Semmai la curiosità di quelli che il calcio non lo seguono, ma che si chiedono anche perché tanta gente fissi il monitor aggrappato alle pareti dei locali. C’è il Foggia al primo appuntamento con la settimana della verità, c’è un pallone che di entrare non ne vuol sapere. Almeno per un’ora, i rossoneri non sfondano.
Del sussulto al gol di Di Piazza s’è detto: abbracci e qualche birra volante pure quando Mazzeo se ne va tutto solo davanti al portiere, ma il raddoppio non è una sentenza. C’è da soffrire fino alla fine, prima di avvicinare ancora di più l’obiettivo... e al fischio finale, nei bar si bevono caffè, con un po’ di zucchero in più. Il pub si svuota e la tv rimanda le immagini dei calciatori sotto il settore ospiti. In molti, a Foggia, devono tornare in ufficio. E’ mercoledì ma, in questo pomeriggio tutto particolare, se ne sono accorti in pochi.
A cura di Antonio Di Donna