Gli addendi non cambiano, identici proprio come a Venezia: Zamparini più Gianni Di Marzio. Uguale? Allora fu storia, una promozione che in laguna mancava da trent'anni. Zamparini più Di Marzio anche oggi, a cambiare è il sottofondo di un mare rosanero: Palermo. Ventiquattro anni dopo una lotta salvezza vissuta da allenatore - la sua ultima esperienza in panchina - Gianni Di Marzio torna al Palermo come consulente del presidente: un tassello considerato chiave per bilanciare equilibri e ritrovare la serenità perduta. Zamparini più Gianni Di Marzio uguale? L'intenzione è quella di riprendersi una storia che sta sfuggendo di mano troppo bruscamente: obiettivo salvezza... in Serie A.
Il Palermo di Di Marzio era nelle stesse identiche condizioni di oggi, seppur in Serie B. In lotta fino all’ultima giornata per evitare la retrocessione, poi la beffa: arrivano in quattro a pari punti ma rosanero con la peggior classifica avulsa tanto da non accedere nemmeno allo spareggio. Direttamente in Serie C. Ma il ricordo di chi ha vissuto quell’annata resta positivo, indimenticabile. Come quello di Giampiero Pocetta, centrocampista di quel Palermo, che non dimentica la cavalcata compiuta per tirarsi fuori dalle quelle sabbie mobili: "Facemmo un gran girone di ritorno con lui, soprattutto in casa. Ora metterà a disposizione la sua esperienza, ha combattuto tante battaglie sportive e sarà importante in questo momento per il Palermo”.
Il ricordo personale, però, va ben fuori da quanto fatto in campo: “È un uomo di grande spessore, con lui parlavamo di tutto, a trecentosessanta gradi. Non c’erano solo confronti tecnici, nei ritiri parlavamo spesso di politica ed economia. Si vestiva in una maniera eleganti, parlavamo molto di orologi, si vedeva che era un uomo dal grande bagaglio culturale”.
Un Di Marzio decisamente più passionale, invece, quello che traspare dal racconto di Massimiliano Favo, capitano di quel Palermo e uno degli uomini di maggiore esperienza della squadra del ’92: “La sua genialità sta nel cercare qualsiasi pretesto per mantenere la squadra concentrata. A Lucca, in una delle poche trasferte in cui andammo a far punti, si inginocchiò davanti al guardalinee per fare annullare un gol della Lucchese, quasi a pregarlo perché stavamo retrocedendo”. Un attaccamento alla maglia e al proprio lavoro evidente anche fuori dal campo di gioco: “Nel pullman non si è mai seduto nei primi posti - prosegue Favo - ma sempre in mezzo a noi giocatori, proprio perché voleva stare nel gruppo. Una persona che tiene tantissimo al suo lavoro e al risultato”.
Gli aneddoti da spogliatoio più curiosi, però, li racconta Roberto Biffi, che del Palermo è ancora il recordman di presenze (321 partite giocate con la maglia rosanero), ma che all’epoca era solo un giovane centrale pronto a subire anche i rimproveri del suo allenatore: "Non voleva che mangiassimo le banane la sera prima delle partite - ricorda con un po’ di ironia Biffi -. Una sera si arrabbiò tantissimo, non ho mai capito il perché. C’era pure qualcuno che lo provocava e lo faceva apposta, lui forse si arrabbiava per darci una carica ulteriore”. Una grinta che portò il Palermo dai bassifondi della graduatoria fino ad arrivare ad un solo punto dalla salvezza. La classifica avulsa con Casertana, Taranto e Venezia, però condannò il Palermo: "Quell’anno riuscimmo a fare tantissimi punti in casa - prosegue Biffi - ma alla fine siamo retrocessi per la classifica avulsa, arrivammo in quattro a pari punti. Lui però ci gestiva a suo piacimento".
Di Benedetto Giardina