Dopo il trionfo al Mondiale, la Germania calcistica chiede il bis a Euro 2016. Lo sa bene Oliver Bierhoff, vecchia conoscenza del calcio italiano e attuale team manager dei tedeschi. "Sarà importante avere ancora fame per vincere anche l’Europeo" - si legge nelle pagine de La Gazzetta dello Sport - "E io vedo ancora il desiderio nei nostri giocatori. Abbiamo dovuto sostituire tre colonne come Lahm, Klose e euMertesacker, qualche infortunio ci ha frenato, ma quando tutti sono a bordo c’è molta qualità e giocatori nuovi o recuperati, vedi Reus e Gündogan che si vogliono riscattare dopo il Mondiale mancato per guai fisici. Penso positivo, c’è la motivazione di aprire un ciclo". Intanto è tornato Mario Gomez: "Mi sembra carico dopo la situazione difficile con la Fiorentina. È autocritico, sa che non ha convinto, ha capito che se non funzionava un rapporto doveva cercare un’altra strada. Ora vede l’ultima occasione per imporsi pure in nazionale. Khedira? Lui arrivava già da un grande club. Sami ha bisogno di continuità, si è adattato alla nuova situazione, a un mondo nuovo. È un personaggio che fa bene al gruppo, è serio, motivato, orgoglioso e ha esperienza. La differenza tra Bayern e Juve in Champions l’ha fatta la panchina. Ma i bianconeri mi sembrano superiori a molti altri: come organizzazione formano una squadra vera, mentre si vedono, anche in Inghilterra, squadre con grandi individualità che però non sono unite".
Europeo? In finale arriveranno le "big": "Anche se il formato è diverso, alla fine è come in Champions, i valori emergono nell’eliminazione diretta. Del Belgio si parla bene da tempo. Non credo che le piccole possano arrivare in finale. Francia, Italia, Belgio sono nel gruppo delle favorite, forse noi e la Spagna abbiamo qualcosa in più come qualità e numero di giocatori. Italia? Non ho visto molte partite degli azzurri, ma un cambio generazionale può fare bene, non ci si può aggrappare sempre ai leader, a un Pirlo, ma sforzarsi da soli. L’Italia non è quella del Mondiale, quella del 1982 o del 1990, però si fa sempre temere per l’organizzazione e la disciplina in campo. Conte lascerà? Non è un problema. Il torneo dura poco, i giocatori non vincono per l’allenatore ma per se stessi, per conquistare un traguardo che arriva ogni due o quattro anni. Nei club è diverso, in nazionale sai che hai 5 settimane per vincere, te ne freghi di quello che succede dopo. Parlo della nostra esperienza: nel 2010 lo staff tecnico era a fine contratto, non sapevamo cosa sarebbe successo finito il Mondiale in Sudafrica, ed è stato un momento bello perché volevamo far bene e non avevamo niente da perdere in qualsiasi scelta. Siamo arrivati terzi".