"Se c'è la passione e la voglia di continuare a divertirti non importa la categoria". E' proprio lui, Andrea Gasbarroni, Cavaliere al merito della Repubblica per il bronzo alle olimpiadi del 2004. Ha accettato i campetti spelacchiati della serie D, dove si gioca il calcio vero, lontano da interessi e riflettori e forse per questo ancora più genuino. Intorno tanti ragazzi di belle speranze, più giovani di sicuro, ma in quanto a talento spesso lontani anni luce dal "Gasba". "Un attimo che lascio a casa la bambina" mi risponde Andrea, colto forse di sorpresa dalla richiesta d'intervista. Non tutti si sono accorti del suo passaggio al Pinerolo, serie D e allora, come al solito, ci ha pensato Andrea a farsi notare: gol all'esordio.
Un minuto, come promesso e si parte. Andrea, come fa un giocatore con il tuo talento e il tuo passato a resettare tutto e ripartire da categorie che non gli appartengono? "Eh, bella domanda (ride). In realtà qualche offerta da società di serie superiori l'ho ricevuta anche stavolta, ma non me la sentivo. Volevo stare vicino a casa, alla famiglia e ho fatto questo tipo di scelta". In D si vive il vero calcio? "Per certi aspetti sì, per altri invece è paradossalmente più difficile giocare in questo campionato. Mi spiego meglio. Il livello è in generale più basso e di conseguenza tutto quello che sta intorno. Nelle categorie superiori dai per scontate alcune cose che in serie D non ritrovi e te ne accorgi solo giocando in questo torneo. Il livello della tua squadra non è superiore ma uguale a quello dell'avversario e questo non rende assolutamente facile giocare".
Non ti senti "sprecato" per la categoria? "Ma no, dai. Arrivati a una certa età il calcio deve essere divertimento e io ho fatto per tanti anni di una passione un lavoro. A Pinerolo ho trovato un bell'ambiente, mi hanno accolto benissimo: devo solo pensare a giocare bene e a divertirmi con gli altri. Ti confronti con tanti ragazzi giovani, che hanno sicuramente meno esperienza e, a volte, un minor bagaglio tecnico, ma questo è tra virgolette il bello della categoria. Senza eccessive pressioni e interessi, c'è più spazio per la passione, la vera essenza dello sport. Oggi la categoria mi interessa relativamente. In Lega Pro, poi, ci sono tante regole che a volte portano a premiare più la carta d'identità che il talento. Ma questo è un altro discorso e non voglio fare polemiche".
Gasbarroni è cresciuto calcisticamente nella Juventus, all'ombra di campioni come Baggio, Del Piero, Zidane. Fino a 26 anni Andrea è stato di proprietà dei bianconeri, che credevano tantissimo in lui. "Gasba", la tua tecnica e il tuo estro non potevano trovare maestri migliori... "Non male vero? In quegli anni il campionato italiano era il migliore del mondo e di conseguenza nella scelta di un modello avevi l'imbarazzo. C'era un livello di qualità mostruoso e io li ho potuti studiare quasi tutti da vicino, da Vialli e Baggio a Del Piero e Zidane, dove ti giravi cascavi comunque bene". Sei andato alla Juventus per fede calcistica? "No, io in realtà da bambino ero tifoso del Napoli. In quegli anni o eri tifoso del Milan o del Napoli, che aveva la maglia azzurra e Maradona: fu subito amore. Poi se ne andò via Maradona e crescendo è scemato un po' quell'amore".
Che pensi del mercato dei bianconeri? "Che dire, hanno costruito uno squadrone, restano sicuramente i favoriti in Italia. In Champions, con i campioni che ha preso, ha tutte le possibilità di arrivare fino in fondo". Momenti indimenticabili nel corso della tua lunga carriera? "Ho sempre avuto la fortuna di giocare in squadre dove c'erano compagni simpatici e gruppi nei quali si viveva in modo positivo lo spogliatoio. Tanti scherzi e nel corso di un anno qualche episodio da ricordare usciva sempre fuori, ma solo di quelli che ti strappano un sorriso. Ho avuto la fortuna di vincere il campionato di B con la Sampdoria, la squadra che più mi è rimasta nel cuore. Sono stato bene a Palermo dove vincemmo la B riportando la squadra in serie A dopo 35 anni. Ho vissuto l'avventura delle Olimpiadi del 2004, dove arrivammo secondi. Sono stato bene a Parma, dove giocai la mia seconda stagione in Coppa Uefa. Sono contento di quello che ho fatto nella mia carriera".
Ti sei mai sentito tradito dalla fortuna? "Penso che alla fine ogni calciatore a fine carriera ottenga quello che si è meritato. Per questo posso dire che non ci si deve mai appigliare alla sfortuna o cose del genere. Però, visto che insisti, se a Genova non mi fossi fatto male alla caviglia forse la mia storia sarebbe stata un po' diversa, ma fa parte del gioco. Il famoso 'infortunio' che ha cambiato un po' il destino. Ma non ho nulla da recriminare, né rimpianti, altrimenti poi si fanno solo chiacchiere da bar: ognuno è artefice del suo destino e riceve quello che si è costruito e meritato". Ieri hai segnato all'esordio, hai fatto gol in tutte le categorie, qual è la rete più bella? "Ogni tanto ci penso e proprio recentemente mi è tornato in mente un gol che feci con l'Under 21 all'Azerbaigian, un gran bella rete, ma non riesco a trovarla da nessuna parte. Ecco, lancio un appello, se qualcuno riesce a trovarlo mi faccia sapere. E' quasi impossibile però, sono passati circa 15 anni (risata contagiosa)".
Una volta appese le "scarpette al chiodo" Gasbarroni cosa farà? "Ho già un bellissimo impegno, passare più tempo possibile con mia moglie e le mie bambine. Al futuro ci penserò. Quello immediato dice che domani devo andare al campo ad allenarmi per riuscire la domenica a divertirmi e aiutare la mia squadra a centrare gli obiettivi. Poi si vedrà. Difficile dire se rimarrò nel mondo del calcio. Io il corso da allenatore lo faccio, non si sa mai... Ah, prima di chiudere fammi sapere come posso leggere questa intervista perché io e la tecnologia non andiamo proprio d'accordo! Facebook, twitter, whatsapp... non fanno per me". Tranquillo "Gasba", troveremo il modo.
Andrea Gasbarroni ai tempi della Juventus