Sono giorni maledetti. Quando non ci pensa il Covid, ci si mette il destino: un infarto si è portato via Franco Lauro. Il suo cuore si è fermato a 58 anni, nella sua casa di Roma. Incredibile parlare di lui al passato adesso. In un periodo in cui è negata anche la celebrazione della morte, l’unica camera ardente passa dai social. Accanto al suo nome, una serie di aggettivi che lo descrivono: elegante, garbato, preparato, gentile. Sono le corone verbali deposte dai suoi colleghi, sono anche le prime parole che vengono in mente a chi lo ha vissuto come spettatore.
Perché Franco Lauro era ciò che si vedeva in tv: un signore vero. E un grande giornalista, armato di una voce inconfondibile e di una curiosità inesauribile. Il suo successo era tutto lì, nella capacità di parlare di qualsiasi argomento e di farlo con educazione e ritmo. Non urlava, non tifava, non cercava lo show. Era un cronista, anche quando vestiva i panni del presentatore. Sapeva parlare di calcio come di qualsiasi sport olimpico, ma la sua grande passione era il basket.
Se un paio di generazioni hanno potuto vivere anni di pallacanestro sulla tv pubblica, lo devono principalmente a lui. Prima bordocampista, poi telecronista. Da “incubo” degli allenatori durante i time out a voce principe. Andate a cercare su Youtube il racconto della finale scudetto 1989 tra Livorno e Milano. Il canestro – non canestro sulla sirena di Andrea Forti, l’invasione di campo, uno scudetto prima assegnato e poi tolto. In mezzo alla tempesta, alle botte, alle risse di quel giorno, aveva saputo raccontare tutto. Con una professionalità da fuoriclasse, accompagnando il racconto di Gianni Decleva. Aveva 28 anni e seppe gestire una situazione impossibile. Forse anche grazie a quel giorno, i dirigenti Rai lo ascoltavano con attenzione quando invocava spazi per la pallacanestro. Riusciva a ottenerli, con il carisma della composta competenza. Con un sorriso che lo precedeva, nei palazzetti della serie B o a San Siro. Aveva commentato l’argento olimpico dell’Italia nel 2004 ma anche le partite della terza serie. Si preparava allo stesso modo e a nessuno negava una cordialità.
E se oggi vi stupite delle maratone di Mentana, sappiate che Franco Lauro seppe fare meglio di lui. Olimpiadi di Atlanta ’96, attentato al villaggio olimpico. Per quasi 32 ore Franco tenne collegamenti con tutte le reti Rai, con ogni tg. Cronista, senza sbavature, senza cedere all’autocompiacimento mai. Si sentiva un uomo fortunato perché era stato testimone di ogni evento sportivo degli ultimi decenni: 8 Olimpiadi estive, 6 mondiali di calcio, 6 europei del pallone e 12 europei di pallacanestro, più una serie infinita di altri avvenimenti. C’era sempre e ora ci sembra incredibile che non ci sia più.
Aveva condotto tutti i programmi di successo della Rai, fino a due giorni fa era in diretta. Era entrato in quell’azienda a 23 anni, dopo aver fatto lo speaker nei palazzetti e il telecronista in una tv locale romana. Nel corso della sua vita si è occupato anche di calciomercato con la classe che ha accompagnato ogni suo passo. Parlava a tutti, non metteva punti esclamativi. Salutava sempre e in modo sincero il pubblico che seguiva da ospedali o case di riposo. Franco Lauro era un collega eccezionale e un amico virtuale di chi è cresciuto guardando la tv. Una persona perbene, un giornalista che non smetteva mai di studiare. E se gli rendete visita nel cimitero dei social, capirete quanto bene aveva fatto il suo lavoro.