Totti: “Io per papà un orgoglio. Spalletti? Mi provocava”
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Data: 14/10/2020 -

Totti: “Io per papà un orgoglio. Spalletti? Mi provocava”

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Campione senza tempo e senza età. Tra gli aneddoti di una carriera incredibile e il rapporto con papà Enzo, scomparso proprio lo scorso lunedì e di cui si sono svolti oggi i funerali. Francesco Totti si è raccontato attraverso le pagine di Vanity Fair, a cominciare proprio da alcune parole su suo padre – ricordiamo come l’intervista sia però stata rilasciata prima della sua scomparsa: “Da piccolo mi chiamavano ‘gnomo’ e non mi facevano giocare con i più grandi, ma papà insisteva sempre. E dopo avermi visto col pallone tra i piedi volevano rifare le squadre. Io stavo zitto, ma ero orgoglioso. Papà, forse, anche più di me”.

"Mi hai reso forte e coraggioso. Ciao Sceriffo"

Nel frattempo, l'ex capitano della Roma ha scritto un toccante ricordo per Enzo anche sul proprio profilo Instagram: “Ciao papà, ho trascorso i 10 giorni più brutti della mia vita, sapendo che stavi là “da solo” combattendo contro il male e non potendoti vedere, parlare, abbracciarti, stringerti, avrei fatto qualsiasi cosa pur di stare là vicino a te. Ora la mia vita sarà diversa, perché sono cresciuto con dei valori importanti ed è per questo che voglio ringraziarti papà, per tutto quello che hai fatto per me, per avermi reso un uomo forte e coraggioso, ti vorrò sempre bene papà mio!! Vorrei poter ancora sentire la tua voce, mi mancano le risate che ci facevamo, mi manca il tuo sorriso, i tuoi occhi, mi manca vederti sul divano a guardare la tv. Devo dirti scusa e grazie...scusa per tutte le volte che non ho capito, per tutte le volte che non ti ho detto ti voglio bene, scusa per gli abbracci mancati, per le parole non dette, per gli sbagli che ho fatto, ma soprattutto grazie perché sei stato un padre e non smetterai mai di esserlo. Senza di te non ce l’avrei mai fatta, anche se non sei più con noi il tuo ricordo e il tuo sorriso non sarà mai dimenticato! Avevi tanti amici che ti volevano bene, perché tu avevi qualcosa di diverso, eri sempre presente, sempre disponibile, eri l’amico di tutti, eri e sei il mio orgoglio (“spero di esserlo stato anch’io per te”)! Oggi più che mai ho capito quanto sei stato importante nella mia vita, e nei prossimi anni terrò questi preziosi ricordi nel mio cuore. Ciao papà... anzi... ciao sceriffo…fai buon viaggio. Tuo Francesco

“Il primo gol un sogno. Spalletti cercava il litigio”

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Nel libro dei ricordi sportivi, poi, testa a quel 4 settembre 1994, giorno del suo primo gol con la maglia della Roma, all’Olimpico contro il Foggia: “Mi sono sentito come i bambini a cui regalano la pista con le macchinine. Avevo preparato un’esultanza sotto la sud, ma segnai sotto la nord dimenticai tutto. Ero impazzito e correvo a destra e a sinistra, in quell’istante avrei voluto le ali”. Fino al rapporto con Spalletti, bellissimo durante la prima avventura dell’allenatore toscano in giallorosso e rovinato nella seconda: “Un incubo. Premetto che debba essere l’allenatore a decidere chi schierare in campo, e non ho mai contestato questo. Ma se parliamo di umanità è tutto diverso. Più io mi impegnavo, più lui cercava la provocazione e la rottura. Capii che in quelle condizioni era impossibile continuare. Perciò quella volta, la prima in 25 anni di Roma, mollai. Se gli stringerei la mano? Tutti sbagliano, ma dovrei capire se quel giorno sono di buon umore”.

“Dovevo ritirarmi un anno prima. E sul futuro…”

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Ecco quindi il ritiro dal calcio giocato: “Sapevo che sarebbe arrivato il momento, ma ci ho pensato seriamente solo quell’ultima stagione. L’anno prima appena entravo cambiavo le partite, quindi mi rinnovarono il contratto a furor di popolo. Forse mi sarei dovuto ritirare dopo la gara con il Torino – 20 aprile 2016, ndr –, quando feci doppietta entrando a 4 minuti dalla fine. Ci pensai tutta la notte, ma alla fine decisi di andare avanti nonostante il rapporto deteriorato con Spalletti”. E sul futuro: “Non so se tornerò nella Roma, non ci penso. Ho un’agenzia di scouting in cui curo i ragazzi e mi diverto. Certo in qualche partita potrei fare ancora la differenza, guardate Ibrahimovic: ha 39 anni e non corre più come prima, ma porta l’attacco del Milan sulle spalle. Io allenatore? Impossibile. Voglio sempre il massimo e non concepirei alcuni errori da parte di giocatori di Serie A. Dovrei diventare severo e antipatico, ma non ci riesco”.

L'INTERVISTA COMPLETA SULL'EDIZIONE DI OGGI, 14 OTTOBRE, DI VANITY FAIR

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