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Data: 04/05/2018 -

Francesco Finocchio, l'italo-brasiliano che ha conquistato Renate. I sacrifici in famiglia per inseguire il sogno, gli inizi col futsal e l'università: "Il calcio non è tutto"

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Un cognome su cui è facile scherzare, ma una classe - in campo e fuori - che lascia a bocca aperta. Francesco Finocchio, 26 anni, attaccante italo-brasiliano del Renate che milita nel girone B di Serie C ed è già qualificata ai prossimi play-off. Un ragazzo solare e che ama quello che fa, ma soprattutto che non è permaloso... Sarebbe stato un problema con un cognome così e con tutte le battute che ne possono derivare. Lui la prende sul ridere perché di episodi esilaranti, legati al suo cognome, ne ha vissuti molti e non possono che far sorridere anche lui come successo lo scorso novembre.

"Un tifoso del Padova mi ha scritto un commento su Facebook: 'Bravo Finocchio!', ma solo per complimentarsi... il social network l'ha preso per un insulto omofobo e gli ha bloccato l'account - racconta a Gianlucadimarzio.com - sono finito anche a Striscia la Notizia. Ma l'episodio più clamoroso mi è successo ai tempi del Parma: l'allenatore del Bologna mi chiese di buttare la palla fuori chiamandomi per cognome, l'arbitro anche lì pensò fosse un'offesa e lo cacciò dal campo. Insomma, la lotteria dei cognomi non è stata proprio benevola con me". Ride e ci scherza sopra, sintomo di semplicità e leggerezza. Così l'attaccante si racconta a cuore aperto, dagli inizi a Parma alla favola Renate, partendo da Caserta e passando per il Brasile - l'altra metà della sua vita.



Ha sempre avuto la valigia in mano, Francesco, ma per sua fortuna non è mai stato da solo. Già perché accanto a lui aveva una famiglia speciale che lo seguiva e si spostava ovunque andasse. Come quando da ragazzino fu comprato dal Parma. Insieme a lui fecero la valigia anche il papà e la mamma: "I miei hanno sempre fatto tanti sacrifici per me e di questo li ringrazio. Penso che quando sei piccolo e sei costretto a spostarti per rincorrere un sogno, avere i genitori vicino aiuta tanto. Molti ragazzi magari venivano dal sud, dal Brasile o da altre parti del mondo e non hanno avuto la fortuna che ho avuto io: tornavo a casa e avevo la famiglia ad aspettarmi. Quando sei giovane e non hai una guida al tuo fianco che ti segue nei momenti difficili è dura. Molti ragazzi si perdono. Avere le persone più care accanto ti dà una mano enorme, soprattutto a 13/14 anni".

Il sostegno è una spinta fondamentale nella sua crescita fin dagli inizi in Brasile, quando prima del calcio c'era il futsal: "Ho fatto un po’ di calcio anche in Brasile perché da piccolino con i miei facevamo spesso avanti e indietro. Quando cominci ad avvicinarti a questo mondo lì giochi a futsal. Giochi veloce e nello stretto, per questo magari i brasiliani tecnicamente sono più bravi. Ci si gioca fino agli 11-12 anni, poi c’è chi continua e altri tipo me che si dedicano solo al calcio. Se lo seguo ancora? Sì, da piccolo quando c’è stato il Mondiale a Caserta, città dove sono nato e cresciuto, sono andato a vedere alcune partite e mi piace molto perché c’è molta tecnica, i giocatori si esibiscono in numeri pazzeschi".

Tecnica e cuore. Francesco ha preso un po' tutto dei posti dove è stato: i numeri funambolici da ala brasiliana, il cuore e la passione napoletana. Ma i valori glieli ha insegnati il papà. Lo ha sempre incitato, ma soprattutto gli ha insegnato che il calcio non è tutto nella vita: "Mi diceva sempre di giocare divertendomi e di non pensare a nulla. Togliere via i pensieri e sfogare tutto sul campo. Mi ha dato anche altri valori: continuo ancora oggi a studiare frequentando l’università, mi sto anche per laureare in economia. Avendo fatto il liceo scientifico mi piacevano le materie come quelle che si studiano in questa facoltà. Adesso sono quasi in fondo, mi mancano solo tre esami; poi dopo vorrei fare qualcosa di legato allo sport, forse management sportivo. Anche per un futuro post calcio. Ovvio, ora non ci penso, ma meglio essere preparati a tutto". Talento, passione e testa. That's Finocchio.

Non ci sono solo calcio e studio nella sua vita, ma anche tanto Brasile. Ah, premessa... lui si sente italiano: "Tra Italia e Brasile scelgo sempre la prima, io mi sento italiano". Nessun dubbio, ma impossibile chiedergli un parallelismo: "In Sudamerica la gente è molto più felice perché non c’è tanta ricchezza come qui e quindi si dà valore anche alle cose meno importanti. In Italia essendoci più benessere si pensa di più ad apparire e alle cose materiali. Ovviamente è un discorso generale perché non tutti si comportano in questo modo. Cosa porterei del calcio brasiliano in quello italiano? La spensieratezza. In Brasile quando inizi a giocare a calcio dai meno importanza alla tattica, i bambini sono più liberi e si divertono giocando. Qui invece fin da subito si dà grande peso al risultato anche nei settori giovanili. Si imprigiona un po’ il talento con gli schemi e i lavori fisici: forse è per questo che nell'ultimo periodo in Italia non sono esplosi grandi talenti. Bisognerebbe raggiungere il giusto mix tra le due cose".



Il tubo dell'acqua, l'idolo Del Piero, la scaramanzia e... il numero 21:

"Da piccolo giocavo nel cortile di casa mia e c’era il tubo dell’acqua di mio zio in cortile. Mi allenavo a colpirlo con la palla… e, ovviamente, veniva giù. Glielo distruggevo sempre. In casa poi... non ne parliamo! Ho fatto diventare pazza mia mamma. C’erano i vasi e qualcosa di sbagliato cadeva sempre a terra. Quanti insulti in portoghese che mi sono preso! Qualcuno che si può scrivere? No no, lasciamo stare…". Ride e ci scherza su, ma nella sua voce c'è un piccolo tremito, il ricordo della mamma arrabbiata non è difficile da dimenticare e gli occhi nascondono anche un velo di malinconia di un'infanzia trascorsa comunque felicemente.

Tempi in cui Finocchio è stato anche un po' 'ribelle', ma un ragazzino scapestrato eh, sia chiaro. La testa l'ha sempre avuta sulle spalle - magari il tubo dell'acqua di suo zio la penserà in modo diverso - ma di ragazzate ne ha fatte poche. Poi c'era quel poster di Alessandro Del Piero (strano per un simpatizzante del Napoli, cresciuto in una famiglia di tifosi azzurri): "Mi ricordo da piccolino che tutta la mia famiglia tifava Napoli, io però avevo in camera il poster di Del Piero. Tutti mi dicevano: 'Ma come tifi Napoli e hai il poster di Del Piero?!'. Io però lo adoravo, non potevo privarmene, era il mio idolo. Al di là della passione... Del Piero è Del Piero. Io come lui? Un po’ ce l’ho il suo modo di giocare… Rientro sul destro e la metto a giro all'incrocio, ma ovviamente non sono come lui sennò chissà dove sarei a quest’ora! Perché mi piaceva tanto? Mi ha sempre dato l’idea di una persona con grande personalità, però pulita. Un leader che non aveva bisogno di dimostrare nulla. Ora sono in un gruppo molto giovane, qui a Renate, e noi più esperti dobbiamo portare le nostre capacità. Credo sia giusto esserlo, nel modo migliore però ovviamente". Non sarà Del Piero ma parla e ragione da campione. Un campione scaramantico: "Sì, lo sono il giusto! Da buon napoletano l’ho presa un po’ di scaramanzia. Prima della partita per esempio bacio sempre i parastinchi che mi sono fatto fare con il nome di mio papà e di mia mamma, ormai da un po’ di anni uso solo quelli… però è più una protezione che una vera propria scaramanzia".



Una protezione come quel numero 21 che è un fedele compagno in campo: "È un numero che mi ha portato sempre bene, quando ero in Slovenia ce l'avevo e abbiamo giocato la finale di coppa slovena vincendo 2-0 con due gol miei. Ed era anche il giorno 21. Quindi da lì l’ho sempre preso. È un numero bello e importante perché lo hanno avuto tanti campioni nella storia del calcio, ma credo che ognuno poi lo leghi alle cose personali, ho voluto tenerlo...". Abbassa lo sguardo e per un attimo sembra perdersi in altri pensieri, più profondi e personali. Il numero 21 non è solo un portafortuna, c'è di più. Un legame più forte e viscerale, romantico e sentimentale. Anche questo è il bello di un ragazzo semplice - come si definisce lui - mai banale, profondo e sensibile con dei valori personali non comuni.

Samba e Reggaeton, la cucina, i viaggi, Scarface... la Playstation e il fantacalcio, criptonite dello studio:

"Ascolto tantissimo la musica brasiliana come il reggaeton e la samba. Mi piace, mette gioia ed allegria. Musica italiana? Al momento mi piacciono tantissimo i Maneskin, li ho seguiti a X Factor e mi fanno impazzire. È un genere musicale completamente diverso, però mi piacciono molto". Giovanotto col sangue carioca.

Non balla soltanto in campo o nel tempo libero, Francesco, anche ai fornelli non si muove male e soprattutto ama i piaceri della tavola: "Mi piacciono i paccheri col granchio. Vado spesso a mangiarli qui in zona in un ristorante che li fa buonissimi. Il piatto brasiliano preferito? La picanha… con un po’ di farina di manjoca sopra. Viene spesso usata nella cucina locale. So anche cucinare benino… Ora, non sono un cuoco però me la cavo: so fare le pennette panna e salmone. Un giorno te le faccio…". Invito accettato, vedremo se sarà davvero bravo ai fornelli come dice!



Nel tempo libero, oltre a cucinare... scappa. Sì ma solo per viaggiare: "Da piccolo non avevo la possibilità di muovermi e di spostarmi tanto. Adesso, invece, quando ho tempo vado in giro. Il fatto di girare tanto anche con il calcio mi porta a vedere sempre luoghi e città nuove. Quando ho uno o due giorni liberi mi piace fare una passeggiata o andare a vedere qualche cosa nuova. Mi incuriosisce molto l’arte. Quando vado in un’altra città o nazione vado a visitare sempre i luoghi o i monumenti più importanti del posto. La parte culturale è importante per capire un luogo. Da quando sono qui, per esempio, sono andato a Milano a vedere la mostra di Frida". E se non viaggia che fa? Divano e film, ma un genere particolare: "Genere tipo Scarface o Quei Bravi Ragazzi, ma anche serie tv tipo Il Capo dei Capi, Narcos, Gomorra. Credo che in alcuni casi, i protagonisti sono persone buone ma che vanno a finire male facendo scelte sbagliate, le figure di questi personaggi mi intrigano e mi fanno pensare che nella vita tutti abbiano delle cose buone e delle cose negative. Dobbiamo essere capaci di non farci cambiare dalle situazioni negative che la vita a volte ci mette davanti, anche se non sempre è facile". Bello e onesto. Un consiglio, Francesco: anche in Filosofia non saresti stato male...

"Playstation e Fantacalcio? Ai videogames ci gioco ogni tanto. Il fantacalcio, invece, l’ho fatto lo scorso anno ma ho smesso perché sennò tra play e fanta va a finire che non studio più… Ho detto basta, è andata malissimo. Non sono capace a scegliere i giocatori, meglio smettere". Ah, allora un difetto ce l'ha! Buono a sapersi.

E' tempo di andare ad allenarsi, domenica il suo Renate è atteso da una sfida importantissima contro il Pordenone per raggiungere il quinto posto e partire con un vantaggio ai playoff, e prima di andare in campo scopriamo l'altro suo difetto. "Tuo padre dice che hai preso un'altra multa!", gli comunica sghignazzando un compagno... questa volta suda freddo. Non è il ricordo della rabbia della mamma per un vaso rotto... è paura vera! Un papà arrabbiato non è mai una buona notizia. Si riprende e sorride, preoccupato: "Eh già...". Scoppiamo a ridere. Ci sta, alla fine farà anche il calciatore ma è un ragazzo semplice, come tutti.

Tags: Lega Pro



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