"Quattro amici al bar". Anzi, tre (ci perdonerà il buon Gino Paoli). Rosario, Vincenzo e Luciano, fra spritz e champagne. Fra una salvezza da raggiungere e una Champions da conquistare: "Loro in panchina, io invece sarò a casa. Almeno con Diretta Gol li posso vedere entrambi". A raccontarcelo è Rosario Guarino, ex attaccante trasformatosi in terzino nel segno di Maldini e Cabrini. I suoi due amici sono Montella e Spalletti, i cui destini saranno destinati ad incrociarsi nell'ultimo fine settimana di Serie A.
Rosario li guarderà dalla sua casa di via Epomeo, a Napoli. A pochi chilometri dal San Paolo. Così come è vicino al Castellani il bar Cristallo. Un'istituzione che esiste ad Empoli fin dal dopoguerra: "Ma quando giocavamo insieme ci passavamo solo di passaggio - spiega - Firenze era vicina e preferivamo andare lì. Io poi sono subentrato nel 2003, quando la mia carriera stava ormai finendo". Discorso diverso per i suoi ex compagni. Vincenzo aveva uno scudetto alle spalle, mentre Luciano avrebbe portato di lì a poco l'Udinese ad una storica qualificazione in Champions.
"Vi racconto mio fratello Vincenzo"
Tutto, però, è partito da Empoli. Vincenzo ci arriva a 13 anni, lasciando Castello di Cisterna: "Un paesino, proprio come la mia Bacoli. Entrambi campani, per me è sempre stato come un fratello. Siamo sempre stati complici. Abbiamo anche vissuto insieme per quattro anni in diverse case famiglia". Una di queste apparteneva alla signora Rosetta Alderotti, vedova con tre figli sposati e una casa troppo vuota per non riempirla con l'entusiasmo di chi sognava di diventare calciatore. Una mamma adottiva per molti giovani di quell'Empoli, la prima a chiudere un occhio davanti ad una "forca" a scuola e a dare consigli per conquistare una ragazzina.
"Io e Vincenzo abbiamo vissuto insieme il passaggio dall'adolescenza all'età adulta - continua Rosario - noi, figli del sacrificio. Ci siamo fatti forza a vicenda in tante situazioni, ci scambiavamo vestiti e soldi. Ci coprivamo a vicenda, perché il vecchio Silvano Bini (storico direttore sportivo dell'Empoli n.d.r) era molto intransigente. Con lui non si scherzava (ride)".
Ma anche tanta voglia di giocare: "Andavamo al campo due ore prima e lo lasciavamo un' ora dopo. Mi ricordo l'anno in cui ci salvammo dalla retrocessione in C2 vincendo i playout con l'Alessandria. La nostra salvezza? Il ritorno di Montella". Già, 18 ottobre 1992. Vincenzo si rompe la tibia per un intervento bruttissimo di Tonini, difensore dai modi spicci dell'Alessandria. Operazione, tanta fisioterapia e Guidolin che gli regala un televisore. Ma, soprattutto, un'infezione virale con relativo scompenso cardiaco. In pratica il cuore gli si ferma per cinque secondi. Non in campo, ma la notte: "Poi succede che Vincenzo torna proprio nell'andata dei playout con l'Alessandria e ci fa vincere il doppio confronto" Ricorda Rosario. Che bello il calcio.
"Spalletti nato allenatore"
Per vincere quel doppio confronto con l'Alessandria servì il rientro di Montella dunque. Ma anche l'avvento in panchina di Spalletti, che aveva smesso di giocare a calcio nel '93 mettendosi ad allenare i ragazzi delle giovanili. Poi, a sei giornate dalla fine e con l'incubo della retrocessione sullo sfondo, finisce con il rimpiazzare Adriano Lombardi in prima squadra: "Sì, aveva qualche capello in più, ma non troppi - sorride Rosario - Luciano era un leader già in campo. Aveva carisma e carattere, classico punto di riferimento nello spogliatoio".
Rosario e Vincenzo i giovani talenti, Luciano il veterano che diventa allenatore: "E' partito evitando la retrocessione in C2, poi nella sua carriera ha lottato per lo scudetto. Mister lo puoi pure diventare, ma ci nasci, E lui ne è un esempio. E' un grande lavoratore, uno molto preciso. Ha portato l'Empoli in Serie A con due promozioni consecutive. Ho imparato tanto dalle sue idee".
Montella e Spalletti, diversi sì, ma non così tanto: "Hanno quasi la stessa ironia. Mai eccessiva, sempre mirata. Luciano nelle sue interviste cerca sempre di metterla un po' sulla battuta, Vincenzo Idem. Caratterialmente invece sono diversi. Il primo più istintivo, il secondo più riflessivo. Il calcio è cambiato ad una velocità assurda, ma loro sono riusciti ad insegnare il proprio pensiero anche nell'attualità. Sono due allenatori che inziano a lavorare dalla mattina presto fino all'alba del giorno dopo".
Inter-Empoli e Fiorentina-Genoa. Uno per l'Europa, l'altro per restare in Serie A. E se centrassero entrambi i loro obiettivi? "Beh, li aspetterei al bar per festeggiare - racconta Rosario - Montella si gusterebbe un bicchiere di vino, Luciano organizzerebbe una grande cena in cui scherzare a modo suo. Capitano spesso al locale, soprattutto Vincenzo nella sua prima esperienza alla Fiorentina. Adesso un po' meno. Data la situazione lo lasciamo più tranquillo. Chi paga? Offrire a Luciano è impossibile. Vincenzo è un fratello, gli offrirei tutto". Intanto li guarderà dalla tv, facendo il tifo per entrambi. Tre amici al bar. Sì, anche nel calcio è possibile.