“Appena mio padre mi ha dato un pallone in mano ho subito giocato con i piedi, questione di Dna”. Buon sangue non mente, soprattutto se di cognome fai Chiesa. Di padre in figlio, da Enrico a Federico, la classe è rimasta immutata. Oggi un altro Chiesa stupisce in Serie A, con la maglia della Fiorentina, ma d’altronde non era difficile intuire che avrebbe fatto strada: “A casa mia si respirava calcio. A cinque anni ero già iscritto alla Settignanese e da lì è iniziata la mia cavalcata, fino ad arrivare in serie A- Racconta Federico Chiesa in un’intervista rilasciata al Corriere dello Sport - Ma, devo essere sincero, il fatto di essere figlio d’arte non mi ha mai veramente interessato. L’ho sempre vissuto bene, non l’ho sentito né come un privilegio particolare né come un peso. Al calcio non ti fanno giocare perché sei figlio d’arte, ti fanno giocare se sei forte. E’ uno dei luoghi della vita in cui non ci sono, non ci possono essere, raccomandazioni o titoli ereditari. Conta il merito, solo il merito. I giovani in Italia? Nell’Under 21 ho visto giocatori già pronti per ritagliarsi uno spazio importante nel futuro come Barella, Locatelli, Cutrone, lo stesso Romagna del Cagliari, sono giocatori pronti sia tecnicamente che fisicamente. Avranno un futuro veramente importante perché hanno tutte le potenzialità per diventare grandi campioni”.
Dal passato di un giovanissimo Federico alla sfida scudetto tra Napoli e Juventus, Chiesa però non si sbilancia: “Faccio fatica a dirglielo perché quest’anno è veramente una battaglia. Sono due contendenti molto forti: il Napoli gioca un bel calcio, la Juve è già sei anni che vince. Si vedrà solo nelle ultime partite chi potrà vincere. Oggi sembra uno scontro alla pari, in cui dunque conteranno tanti elementi: episodi, forma fisica, infortuni. La mia squadra del cuore? Non ho mai tifato per una squadra, però ero molto appassionato del Milan dei campioni, quello con Kakà, che è sempre stato il mio idolo. Quindi Kakà, Shevchenko, gli altri. Mi piaceva guardare il Milan dei campioni. L’allenatore più importante? Per me sarà sempre mister Paulo Sousa perché è quello che mi ha dato fiducia e mi ha fornito l’opportunità di esordire in Serie A e di formarmi come calciatore”. Gol, assist e fantasia, Chiesa è già considerato uno dei giovani più forti del nostro campionato. Inevitabili quindi i paragoni, ma lui non ha dubbi sul giocatore a cui vorrebbe somigliare: “Sanè mi piace molto. Gioca nel Manchester City insieme ad altri grandi campioni del calibro di De Bruyne. Fanno un calcio molto bello e mi piace come lui interpreta il ruolo. Sané ma anche Robben, Ribery, esterni che con il lavoro sono arrivati a raggiungere obiettivi veramente alti. Però dico Sané perché ha solo un anno in più di me e vedere un giocatore che a questa età gioca così bene in una squadra che punta a vincere la Champions e il campionato è molto bello”.
Giovanissimo Federico, ma già un punto fermo della Fiorentina: “Io a vita in viola? Questo non lo so perché io veramente penso solo all’allenamento, alla partita di domenica e questo è il mio unico pensiero, il mio sguardo è fisso sul calendario e sui risultati. Il resto verrà”. L’intervista completa a Federico Ciesa è in edicola col Corriere dello Sport.