Amore mai finito, Giuseppe Farina torna a parlare del "suo" Milan. Quattro anni di presidenza, dal 1982 al 1986, periodo in cui ci fu anche una retrocessione in serie B e una lenta risalita, fino alla cessione del club rossonero a Berlusconi. Ma in che modo? Lo spiega Farina attraverso le pagine de La Gazzetta dello Sport:
"Sono stato costretto a lasciare per pagamenti in nero e quattro mesi di arretrati di Irpef" - dichiara Farina - "Altre società non la pagavano da anni, ma hanno voluto colpire me per consegnare il Milan a Berlusconi, che così l’ha avuto senza versare nulla. Se mi avesse dato almeno venti euro, non avrei mai potuto dire che non avevo preso niente. Invece, dopo la beffa, ho subito anche il danno perché per un anno e mezzo ho dovuto essere reperibile in certi orari. Una volta sono venuti i carabinieri a svegliarmi alle tre di notte, per controllare se ero in casa. Altri contatti con Berlusconi? Mai più. È sparito nella notte dei tempi, come Galliani, ma non mi sono mancati. Mi piacerebbe, invece, rivedere Silvano Ramaccioni, un gran signore".
Scelta che non rifarebbe: "Se tornassi indietro non prenderei il Milan, perché non avevo la potenza economica per guidare una società così. Sono stato tradito dalla mia grande passione per il calcio, che mi avrebbe fatto prendere anche il Real Madrid se fosse stato in vendita. Perché per me i soldi non contano niente, conta la passione. Berlusconi ha fatto grande il Milan? Ma con i giocatori che gli ho lasciato io. Un giorno, a Lugano, incontrai casualmente Mantovani, il presidente della Sampdoria, che mi diede un assegno in bianco per prendere Baresi. Gli dissi di no, senza pensarci un secondo. Se avessi venduto Baresi, Maldini, Tassotti o Costacurta, avrei avuto i soldi per andare avanti, ma avrei tradito la mia passione, perché i giocatori bravi non li vendevo. Eravamo tornati in coppa Uefa e quando Berlusconi diventò proprietario, in febbraio, la squadra era terza con il Napoli, un posto che oggi farebbe fare salti di gioia a tutti".
Adesso l'Europa è un obiettivo difficile: "Mi auguro che ci arrivino, perché sono rimasto un tifoso del Milan. Vedo quasi tutte le partite, anche se ci sono pochi giocatori buoni. Bacca fa gol ma sta là davanti impalato, non come il mio Rossi che andava a fare anche il terzino. Il migliore è Bonaventura e poi c’è quel fenomeno di Donnarumma. Io non lo venderei mai, ma non ha torto il suo procuratore visto che il futuro del Milan è incerto. Montella? Mi piace molto, perché anche se non ha grandi campioni riesce a far giocare bene la squadra che si muove sempre, si impegna e dà il massimo fino all’ultimo, un po’ come il mio primo Vicenza promosso in A". Sulla cessione del Milan: "Non so neanche che cosa significhi la parola closing. Ho capito soltanto che Berlusconi vuole vendere, ma non ho mai capito se gli piace il calcio o se gli piacciono i soldi del calcio. Anche per lui gli anni passano, lo vedo un po’ provato perché non ha più l’energia di quando l’avevo conosciuto".
Trattativa con i cinesi poco chiara per Farina: "Non si capisce e non so se la colpa è dei cinesi o di Berlusconi. Ma poi chi sono questi cinesi? Non ce l’ho con i cinesi perché non sono razzista. Faccio soltanto un discorso generale. La mia coscienza non mi permetterebbe di trattare con chi non rappresenta in qualche modo l’identità di una squadra, che dovrebbe rimanere legata alla città e ai suoi tifosi. Così, invece, si tradiscono le tradizioni, la storia e l’ambiente. Inter? Stesso discorso. Anche l’Inter, come il Milan, dovrebbe avere un presidente milanese, o almeno italiano. Altrimenti, come diceva il mio amico Ettore Puricelli, si rischia di formare un “Gary Cooper football club”. Consigli per gli acquisti: "Comprerei il più forte,Dybala, che da solo vale la metà della Juve. Ma se non si muove, cercherei di prendere Berardi".
Un ultimo consiglio a Berlusconi: "Se il closing va male gli consiglio di telefonarmi. Gli darei 5 euro di acconto e poi qualche italiano glielo troverei io. Altro che closing coi cinesi...".