E adesso? Domandone. Vale milioni, miliardi, trilioni. Oggi più che mai. Perché dopo una serata così le parole servono a poco. Qualcuno voleva i fatti, li ha avuti. Qualcuno voleva dimostrare di essere ancora vivo, lo ha fatto. Qualcuno, sì. Lui. Capitano, Pupone, Idolo, Eterno, il 10. Maiuscolo ad hoc. Totti, Totti, Totti. Leggenda. Oppure, per dirla alla Baresi, l’impossibilità di essere normale. Tra le tante parole, forse, la frase più azzeccata. Ops, il Tweet. Un acuto, un sussulto. Anzi due. In 4 minuti. Anni 39, prego.
Considerazione? Poca, poca. Contratto in scadenza. Presunte liti, litigi, interviste velenose, stoccate, l'America che chiama, scherzetti in panchina. La voglia di giocare. Quella di un bambino che anni fa, a Porta Metronia, non arrivava neanche al flipper. Serviva lo sgabello, pensa. Anvedilo oggi. Vittorioso contro il Toro in un 3-2 da favola. Due parole, queste servono: Francesco Totti. E grazie. Due minuti di magia, indescrivibili. Sinceri e veri. Due minuti che racchiudono una storia, una carriera, una vita, l’intero percorso di esistenza di chi non vuole dire basta. Di chi non ce la fa. E perché mai dovrebbe? Gol, musica, scintille. Voglia, maledetta voglia. Di giocare, segnare, essere decisivo. “Ma mettime dentro, qualcosa je combino!”. E ci starebbe anche un bel “daje”.
Pensieri di un campione senza età. Rete numero? 303 (247 in A, tutte con la Roma). Record, numeri, emozioni su emozioni. Canzoni per descriverlo? Una, “Eh già” di Vasco Rossi. Eh già, Francè. Sei ancora qua? Risposta sua, classica: “Si, so’ ancora qua. Embè?”. Col sorrisetto strafottente, sincero e spontaneo. Bonaccione. Totti, Totti, sempre Totti. Prima l’Atalanta, destraccio da fuori a rimettere le cose in chiaro. Nessun gesto alla CR7, semplici braccia al cielo. “Avete visto? Ci sono”. Occhi su Spalletti, un destro alle polemiche e un colpo di tacco ai più maligni: “Eh, ma è vecchio”.
Forse, sì. Ma Totti, zitto, ne fa due e lo stadio crolla. Roma-Torino docet. Il gladiatore ha portato la squadra al sicuro, lontana dall'Inter e vicina alla Champions. Due tocchi, due reti. L’ultima su rigore, sotto la Sud. Lo stadio piange, si commuove, si aggrappa a un capitano che prima o poi dovrà lasciare. “Mejo poi…”. Qualcosa di oltre, di indescrivibile, qualcosa che rimarrà nella storia. Qualcosa di magico e di romano. Qualcosa che soltanto chi ha vissuto Totti può capire. Roba da Pupone, di una storia d’amore che non può finire in malo modo. Non deve. Per la Roma, per Francesco, per il calcio italiano, bello soprattutto per questo. Perché Totti è stato – e sarà per sempre – la storia di questa società. Innegabile verità. In questi casi, quindi, cosa si fa? Si ascolta in silenzio. Si osserva chi piange. Si ammira chi è eterno. Si applaude in piedi. E infine si domanda, alla Vasco Rossi: “A Francè, sei ancora qua?”. Eh già regà, eh già…