Una frase per capire al volo chi è Emerson: “Quando ho esordito in Serie A portavo nelle tasche i sogni di tutti i compagni incontrati nel corso della carriera che non ce l’hanno fatta”. Visi, desideri, battaglie. Storie. Conservate gelosamente nei cassetti della memoria, che gli hanno permesso di diventare l’uomo che è adesso. Poteva essere uno dei tanti risucchiati dai campi di terra battuta dell’Eccellenza, dove si è trovato a giocare appena arrivato in Italia. Ma alla fine ce l’ha fatta. E’ arrivato ai massimi livelli, ha toccato con mano quello per cui ha sempre lavorato fin da bambino. Ora Emerson, a 37 anni, indossa la maglia della Feralpisalò in Serie C e cerca di essere una guida per i suoi compagni: “Cerco di trasmettere ai più giovani l’esperienza che ho accumulato nel corso della mia carriera – Racconta il brasiliano in esclusiva per GianlucaDiMarzio.com – Un po’ come hanno fatto i più esperti quando avevo iniziato a muovere i primi passi”. Una mano tesa per portare la squadra sempre più in alto. Al momento la Feralpisalò occupa il quarto posto nel girone B, ma il lungo campionato induce a predicare calma: “Se siamo in quella posizione evidentemente è perché ce lo meritiamo. L’obiettivo è quello di migliorare la posizione dello scorso anno, anche se un pensiero alla promozione c’è sempre. E’ normale. Il campionato però è pieno di insidie quindi dobbiamo rimanere concentrati”.
Parla da leader Emerson, che ha iniziato alla grande anche questa stagione. Si è ambientato in fretta, a pochi mesi dall’arrivo alla Feralpisalò è già un trascinatore: “Sto dando il massimo in ogni frangente, come ho sempre fatto. Cerco di stare bene fisicamente. A 37 anni è difficile mantenere una forma fisica come quella di 10 anni fa, ma mi sento bene”. E lo dimostra in campo, anche se gli manca il gol. Dettaglio inusuale per uno come lui, sempre abituato a farne. Difensore o mediano, poco importa, perché il piede sinistro è da sempre uno dei suoi punti di forza: “Fare gol è sempre bello, 1 o 2 a stagione ne ho sempre fatti. All’inizio della mia carriera ne ho segnati anche più di 10, poi sono diminuiti. E’ importante per la squadra perché può essere un’arma in più. Per questo mi alleno spesso in allenamento per migliorare il mio calcio”. Non a caso il brasiliano può vantare di aver segnato in tutte le categorie: dalla Serie A all’Eccellenza. E i punti di riferimento sui calci piazzati sono di quelli importanti: “Mi ispiro a Roberto Carlos, che ho avuto la fortuna di vedere dal vivo nel Palmeiras, la mia squadra del cuore. Anche Juninho Pernambucano era un maestro. Spesso guardo i video su Youtube per rubare i segreti ai migliori”.
Chissà se ha visto anche qualche video di Sinisa Mihajlovic, un altro specialista dei calci piazzati. Di sicuro con l’allenatore serbo, Emerson condivide lo stesso percorso che da centrocampista lo ha portato a diventare difensore centrale. E anche lo stesso allenatore che ha favorito l’arretramento: “Il primo a mettermi in difesa è stato Menichini alla Lumezzane, lo stesso che insieme a Mazzone spostò Sinisa. Per questo mi sono deciso di accettare la proposta. Quell’anno mi ero rotto una costola e la squadra stava facendo bene anche senza di me, così il mister mi ha suggerito questo cambio di posizione”. In carriera ha ricoperto quasi tutti ruoli: dall’esterno alla mezzala. Sulla sua posizione preferita però non ha dubbi: “Se devo scegliere dico senza dubbio il centrocampista. Lì ho la possibilità di toccare tanti palloni e di essere al centro del gioco. Anche in difesa però mi trovo bene, non essendo un giocatore molto dinamico mi affido alla capacità di far ripartire l’azione”.
D’altronde il sangue brasiliano non mente, anche se il suo cuore ormai è a metà italiano. Anzi, sardo: “Mi sento 50% brasiliano e 50% italiano. Mia moglie è sarda, i miei figli sono nati in Italia. La mia casa è la Sardegna, la terra che mi ha adottato appena arrivato qui. Amo il Brasile, ma penso che resterò per sempre qui”. Un sogno coltivato nel tempo, un biglietto aereo e la spinta dei genitori. Dal Brasile all’Italia, tutto per il calcio: “Devo ringraziare mio padre e mia madre per aver permesso tutto questo. Papà lavorava di notte anche 16 ore e il giorno invece di dormire mi portava agli allenamenti. Ha sempre creduto in me. Per questo non ho rimpianti nella mia carriera, non posso averne. Perché la vita mi ha dato tutto quello che desideravo. Ho fatto sempre il massimo per ottenere quello che volevo. Ho seguito gli insegnamenti della mia famiglia che mi diceva sempre ‘comportati sempre bene, perché la vita è così, va presa come viene’. E’ una frase che porto sempre con me. Da piccolo vedevo sempre poco mio padre per via del suo lavoro, per questo adesso appena ho l’opportunità sto con i miei due figli. Quando non mi alleno sto con loro, con mia moglie. Voglio godermeli il più possibile perché poi cresceranno e faranno il loro percorso come è giusto che sia”.
Al passato guarda con emozione, al futuro non lo sa. Non ci pensa. Troppo presto per pensare di smettere ‘lo farò solo quando mi renderò conto di non essere in grado di reggere fisicamente’. Allenatore? Dirigente? Chi lo sa. Intanto ha un desiderio da realizzare: “Voglio creare una scuola calcio. Non tanto per insegnare qualcosa ai bambini, ma più che altro per imparare da loro”. Perché la vita ci mette sempre davanti a delle dure prove e bisogna farsi trovare pronti. Emerson le ha superate tutte finora, anche grazie ai suoi compagni di viaggio. Ragazzi che non ce l’hanno fatta. Che hanno lasciato su campi di terra battuta i loro sogni. Emerson si è fatto portavoce di tutti loro: “Quando giocavo in Eccellenza guardavo le partite di Serie A in televisione e mi dicevo che avrei voluto giocare in quegli stadi. A 33 anni ce l’ho fatta con la maglia del Livorno”. Tanto gli basta per essere felice. Ora la Serie A è uno dei tanti ricordi che si porta dietro come insegnamento. Il presente si chiama Feralpisalò e il futuro profuma di grandi cose.