I capelli sono ormai brizzolati da tempo. Chiamala saggezza o età che avanza, ma in fondo siamo tutti essere umani. Roberto Donadoni incarna perfettamente l’essenza di queste due parole: essere ed umano.
L’essere di Donadoni si manifesta nella professionalità di un uomo che prende il calcio come un lavoro, conoscendo perfettamente di essere un privilegiato. Al primo giorno da allenatore del Bologna, esordì così: ‘ricomincio da dove avevo finito, dall'Emilia-Romagna’. Geograficamente non fa una piega, ma in realtà i fatti dimostrano molto di più. A Parma riuscì a dare dignità ad un ambiente, che aveva perso ogni sorta di stimolo. A Bologna non è stato necessario ricostruire l’identità di una società, già forte e presente. Quindi ha ‘solamente’ continuato ciò che aveva iniziato a Parma: un progetto tecnico, basato sull’umiltà, sul sacrificio, sui giovani, sull’organizzazione tattica e sulla preparazione fisica. Facile, sulla carta. Più difficile se navighi nei bassifondi della classifica e la piazza esige. I risultati sono arrivati: aver fermato l’inerzia vincente della Juventus non è frutto del caso o della fortuna, soprattutto se l’organizzazione difensiva della tua squadra concede veramente pochi spiragli alla capolista.
Donadoni, come Ancelotti, ha fatto tesoro di quanto appreso negli anni passati nel Milan di Sacchi, dove la tattica di squadra veniva prima del singolo giocatore. Dove il calcio totale era frutto di meticolosità per i dettagli, di un costante allenamento e di uno studio approfondito dell’avversario. Roberto era già allenatore, quando alzava la Coppa dei Campioni a Barcellona o l’Intercontinentale a Tokyo. Roberto aveva carpito che era necessario curare l’aspetto umano del giocatore e non solo la tecnica. Un giocatore motivato, un giocatore che acquisisce il senso di appartenenza è un’arma letale per il raggiungimento degli obiettivi di squadra. Donadoni ha lavorato su questi aspetti ed il fatto che gli occhi dei grandi club siano puntati su giovani del calibro di Diawara, Donsah e Masina assume un significato chiaro.
Ma quando gli occhi delle grandi si poseranno su Roberto? In realtà un treno è già passato: la nazionale italiana ed il Napoli. Forse troppo e troppo presto nel percorso di crescita di Donadoni. Da quelle esperienze ne è uscito con qualche osso rotto ed i capelli bianchi di cui sopra. I riccioli sono sempre quelli del giocatore che insieme ad un meraviglioso collettivo fece le fortune del Milan. E sotto quei riccioli, un meraviglioso essere umano che oggi pensa al bene del Bologna, ma che non gli impedisce di guardare ad un domani, magari col sapore del passato.