Mattia Caldara alla Gaetano Scirea a Madrid. Paragoni importanti, certo. Ma riguardando l’azione dello 0-2 in casa del Napoli sembrerebbe di rivivere un déjà vu. Sembrava Scirea a Madrid. “Eccolo Scirea. Elegante. Conti sembra Spinazzola. Testa alta. Passaggio. Gol. Un gol alla Scirea? La mentalità è simile: l’idea che i difensori debbano iniziare l’azione. E poi c’è un po’ di tutto: ci provi e vai”, a raccontarsi è Caldara stesso nell’intervista rilasciata a ‘La Gazzetta dello Sport’, munito di Ipad connesso a Youtube per rivivere quelle immagini dell’82’. Ci vuole anche un bel fegato per un difensore centrale seguire l’azione quando si è già in vantaggio ma soprattutto in inferiorità numerica: “Quando ho dato la palla a Spinazzola ero sicuro che sarebbe arrivato fino in fondo. Gasperini dice che anche noi difensori quando abbiamo la palla al piede possiamo diventare offensivi. Poi Spina mi ha dato una gran palla e io non lo so come ho fatto a segnare...”. Non solo un gol, ma anche un carattere alla Scirea per Caldara: “Merito dell’educazione dei miei genitori e questione di carattere: mi dicono che sono troppo buono, che picchio poco ma sono così: se entro, sono convinto di prendere la palla; altrimenti temporeggio”. E dal futuro bianconero, sulle orme di Scirea “È un paragone eccessivo, anche se è un grande stimolo. A me basterebbe fare la metà di quello che ha fatto lui. Il mio modello per l’eleganza e la capacità di vedere prima cosa facevano gli altri però è Nesta. E pensare che nello Scanzorosciate facevo il centrocampista, poi all’Atalanta mi hanno arretrato, per fortuna: in mezzo non avrei mai giocato, andavano più forte”. Anche se ora è assolutamente vietato pensare al futuro bianconero: “Me lo sono imposto al momento della firma. Vogliamo fare qualcosa di importante per l’Atalanta, per questa città e questi tifosi. Tuttavia mi ha impressionato il JMedical e soprattutto lo Stadium: è l’impianto che mi ha emozionato di più. Posso dire però che seguo sempre la Juve in Champions, anche se mi tocca uscire di casa perché mio padre non ha l’abbonamento”. E come erede della BBC… “Di Bonucci vorrei la capacità di impostare, di Barzagli la bravura in marcatura sull’uomo e di Chiellini la grinta. E di tutti e tre vorrei l’incredibile forza mentale: quando decidono che non si segna, non si segna. E magari nemmeno si tira“. Sembrerà strano, ma nemmeno un giocatore come Caldara è mai stato sicuro al cento per cento di arrivare in Serie A: “Ogni estate aspettavo con ansia la lettera di convocazione dell’Atalanta che arrivava ai primi di luglio, quindi giugno non era un mese facile per me perchè pensavo in continuazione che magari mi avrebbero lasciato a casa”. Invece, giusto un girone fa sempre contro il Napoli, l’inizio della sua avventura in Serie A: “Lui di solito il venerdì fa le prove di formazione dando le casacche ai titolari, ma anche quel venerdì ero tra le riserve. Poi, mentre stavo andando via, mi disse che era arrivato il momento di dare una svolta al campionato. Io non capii e nemmeno al sabato quando mi diede la casacca credevo che avrei giocato davvero: lui rischiava l’esonero. E invece andò benissimo”. Se dovesse indicare l’attaccante più difficile da marcare invece… “Mandzukic: non l’ho mai presa con lui”. Per quanto riguarda il voto che si sarebbe assegnato dopo il match di Napoli: “8,5 e non 9 (voto della Gazzetta). Nel primo tempo Mertens mi ha fregato con una finta bellissima”. Addirittura c’è chi, come Rugani, afferma che Caldara non ha fatto ancora completamente vedere di cosa sia capace: “Gli pagherò una cena, anzi due: cominciai a giocare nell’Under 21 quando lui passò in Nazionale A”. Nel frattempo, si gode le emozioni vissute al ritorno da Bergamo, coi tifosi atalantini in festa: “Abbiamo fatto qualcosa di grande e vedere la faccia allegra della gente è bellissimo. Forse non ce ne rendiamo conto ma stiamo facendo sognare i tifosi e noi con loro. Ammetto però che si era complicata la partita con l’espulsione di Kessiee che bisognava resistere: non volevo assolutamente prendere gol. Così l’ho segnato...”. E Gasp euforico. “Ci credeva da giorni. In settimana ripeteva che dovevamo fare una cosa grande, non una cosa a metà. E una cosa grande era vincere, non pareggiare. Per restare lassù servono tante vittorie. Dobbiamo continuare così, a Napoli abbiamo superato l’esame di maturità per dimostrare di poter lottare per l’Europa. Alla Champions non ci pensiamo. Noi dobbiamo rimanere davanti a Inter, Lazio e Milan”. Infine, un’ammissione di colpa: “Se ho brindato ieri? Mi piace il Moscato, ogni tanto lo bevo. A tavola, però, sto attento. Mi lascio andare dopo la partita: pizza e Coca Cola”.
Data: 27/02/2017 -