Iniziare la propria avventura sulla panchina neroverde con un successo (e che successo) ottenuto nientemeno che sulla nuova Inter di Spalletti, lanciando un chiaro segnale al campionato. Roberto De Zerbi e il Sassuolo saranno avversari decisamente scomodi per tante squadre della nostra Serie A, protagonisti di un avvio a dir poco ottimo con alla guida l'ex allenatore del Benevento: intervistato da "La Gazzetta dello Sport", De Zerbi si è soffermato su alcuni temi relativi all'impresa confezionata domenica e non solo.
"È calcio d’agosto, qualche risultato è poco attendibile. Nonostante la sconfitta contro la mia squadra, resto convinto che l’Inter sia la vera anti Juve. Sì, i nerazzurri hanno qualcosa in più rispetto a Napoli e Roma. Più meriti nostri o demeriti loro? Non si può sapere dove finiscano i meriti di una squadra e dove comincino i demeriti dell’altra. Noi possiamo battere certi avversari soltanto se non disputano una grande partita. Ci siamo espressi ad alti livelli, anche se nella ripresa potevamo fare meglio, palleggiando di più nella loro metà campo, per abbassare i ritmi e per provare a mandarli fuori gara".
Ancora sulla sfida contro i nerazzurri, poi: "Non avevamo preparato nulla di particolare per imbrigliarli: avevamo studiato i loro movimenti. Sapevamo che in fase difensiva gioca in un certo modo: in possesso palla, passa alla difesa a tre, con Brozovic play e Asamoah mezzala. Il Sassuolo è stato efficace nell’organizzazione di gioco e nel manovrare sempre ad alta velocità. Inter condizionata dal terreno di gioco per Spalletti? Anche noi siamo stati svantaggiati. Entrambe le squadre prediligono il gioco di qualità. Il fattore delle condizioni del campo incide ancor più quando si deve manovrare in spazi più chiusi, come è successo ai nerazzurri, quando si è trovata sotto per 1-0: non giudico le decisioni arbitrali in più, non l'ho fatto per l’intera scorsa stagione. E non ho parlato con Spalletti a fine gara: Mi sarebbe piaciuto confrontarmi con lui, perché lo stimo da sempre, apprezzo molto il suo calcio. Non è un tecnico predefinito, ha intuizioni brillanti e cambia a seconda dei giocatori a disposizione. È un valore aggiunto per le squadre che allena. Inter dipendente da Icardi? Quando hai un fuoriclasse, è normale che molto giri attorno a quel giocatore di livello superiore agli altri. Icardi e Lautaro, che seguo da due anni e mi piace tanto, formano una coppia esplosiva. Ma non si può parlare di Icardi in modo avulso dal collettivo perché, per finalizzare, bisogna portare palla lì davanti".
Tra gli allenatori preferiti in Serie A, la Juventus e la nuova avventura al Sassuolo, De Zerbi prosegue poi così: "Già detto di Spalletti, seguo con interesse Giampaolo, che si evolve continuamente. Per me avrebbe già meritato la chiamata di un top club. Al di là del portoghese, i bianconeri hanno la forza che deriva dall’abitudine a vincere. L’arrivo di Ronaldo dà lustro alla Serie A: adesso dobbiamo tornare a comandare, per fascino e spettacolo, nel calcio europeo, come capitava sino a una decina d’anni fa. Obiettivi per il Sassuolo? Non ci poniamo target precisi: tutti noi siamo curiosi di scoprire quanto possiamo crescere. Ora dobbiamo gestire il successo conquistato contro l’Inter. Varrà tanto per l’autostima, però guai se pensassimo oltre il prossimo incontro, a Cagliari".
La B di Boateng, Brignola e Berardi e le esperienze vissute, infine: "Berardi ha i numeri per imporsi anche in azzurro. Poi vorrei aiutare nel grande salto Locatelli, un ’98 che non teme confronti con i play della Serie A, e Ferrari, che deve pretendere di più da se stesso, cominciando ad alzare l’asticella della sua ambizione. In assoluto sono orgoglioso di allenare, in una squadra con età media di poco superiore ai 24 anni, tanti giocatori di prospettiva: Berardi, Di Francesco, Duncan, Babacar, Lirola, Rogerio, Djuricic, Sensi e altri. Boateng? Unico, eccezionale. È stato il primo giocatore che ho voluto. Ha intelligenza e personalità, in campo e fuori. Avendo giocato in tanti Paesi, è bravissimo nell’aiutare i compagni stranieri ad ambientarsi subito nella nuova realtà. E le mie esperienze a Palermo e Benevento sono servite tantissimo. Mi ritrovo più ricco, come allenatore e come uomo. A Benevento ho vissuto una stagione fondamentale. Ho imparato soprattutto a gestire calciatori importanti, come Sandro e Sagna. E ho conosciuto Vigorito, presidente straordinario. Ci sentiamo due volte a settimana: domenica è stato uno dei primi a telefonarmi per farmi i complimenti. Nel mio calcio il nuovo non finisce mai. Bisogna essere intelligenti per sfruttare le caratteristiche dei giocatori, senza rinunciare alla propria idea di base".