Perché non provi a diventare una calciatrice professionista? La carriera di Carolina Mendes, attaccante classe ‘87 dell’Atalanta Mozzanica e della Nazionale femminile portoghese, inizia così, quando ha 16 anni e un amico allenatore le suggerisce di percorrere questa strada. Da piccola gioca a Hockey, ma sceglie il calcio.
Dai primi palloni con la Selezione portoghese accade tutto velocemente: indossa la maglia dell’Under 17 in meno di un anno e viene convocata in Nazionale maggiore in poco più di due. A livello di club invece, passa dal campionato portoghese a quello russo, da quello svedese a quello italiano, prima con il Riviera di Romagna e dal 2017 con l’Atalanta Mozzanica. Con la squadra bergamasca ha quattro reti all’attivo; l’ultima in ordine di tempo, quella che, al 92’, dopo un contropiede perfetto, ha deciso il derby contro il Brescia, primo in classifica con la Juventus. “Un gol prezioso, come quelli in Nazionale. Sono molto legata alle reti realizzate, hanno diversi significati ma contano tutte nello stesso modo!”.
Eppure, il ricordo più speciale legato al pallone, con quelle non ha niente a che vedere. Il pensiero a cui torna più spesso è legato alla prima gara ufficiale. Perché se è vero che tra i banchi di scuola inizia a sentire col pallone un feeling particolare, è in quella partita che si trasforma in amore puro: “Ero talmente euforica all’idea di scendere in campo, che avevo dimenticato a casa le scarpe”. L’aria romantica da da sognatrice, ma non in campo, dove dice di ispirarsi a Marta Da Silva, giocatrice brasiliana tra le più forti in assoluto. Ci sono poi le questioni di cuore, per l’attaccante nerazzurra: in primis la squadra che tifa: lo Sporting Club de Portugal, che inevitabilmente si lega a quella ancora più importante della famiglia e degli amici. Sono queste le persone di cui sente la mancanza. E tra un sospiro e un sorriso vagamente malinconico, aggiunge: “Non sono solo i miei affetti più cari, ma anche i miei tifosi più agguerriti”.
In Italia tuttavia sta bene e sulle (nuove) passioni che la legano al nostro Paese, il cibo è in cima alla lista. E nemmeno sui desideri, esita: sogna di vedere crescere il calcio femminile, il che secondo lei avverrà solo quando i club maschili investiranno risorse sulle donne in modo serio. E poi diventare fisioterapista, professione per cui ha studiato e che vorrebbe praticare dopo il calcio. Niente Hockey, nonostante i trascorsi, perché confessa
“Di grande amore nella vita ce n’è uno solo. E io l’ho provato solo per il pallone”.