Chi cerca una nuova favola da raccontare in questa edizione dell'Europa League può trovare nell'Hapoel Beer Sheva la giusta protagonista. Contro ogni previsione ha battuto 2-0 l'Inter di de Boer, ed ecco allora un altro 'C'era una volta...'. Sì, perché per conoscere la squadra che ieri sera ha vinto a San Siro bisogna tornare indietro e ricordare che nel 2007 giocava nella seconda divisione israeliana. La rinascita è passata attraverso la determinazione (e le finanze) di Alona Barkat (nella foto). E' qui infatti che la storia dell'Hapoel Beer Sheva si tinge di rosa, grazie a colei che di questo club è diventata la presidentessa. Manager sì, ma anche ultrà. Una personalità forte, che rinuncia alla tribuna per guardare le partite in curva, tra i tifosi. "Molti di loro hanno il mio numero, mi chiamano se hanno idee o critiche da fare", ha affermato, perché il dialogo è sempre la via da preferire alla violenza, come quella scatenata nel 2010 da un gruppo di tifosi che al tempo aggredi' l'allenatore. Adesso però il clima intorno all'Hapoel è cambiato.
E all'esordio in Europa League il Beer Sheva ha vinto. Una squadra di giocatori lontano dai riflettori ma con un centrocampista che nel 2009 fu a un passo dalla nostra Serie D. Si tratta di Anthony Nwakaeme, nigeriano classe '89 che per qualche settimana si allenò con l'Adrano Calcio, club della provincia di Catania, in prova. Fece la preparazione estiva insieme alla squadra, giocò anche delle amichevoli con l'Adrano, ma il tesseramento poi saltò per motivi burocratici; ieri sera però Nwakaeme si è preso una piccola rivincita sull'Italia. E il primo capitolo la favola Hapoel Beer Sheva, tra la presidentessa-ultrà e un po' di Italia nel passato di Nwakaeme, è stato scritto. Alla Scala del calcio.