Ogni nazionale ha il suo 'condottiero', quell'uomo-simbolo che cattura l'attenzione e a cui si concedono i meriti di un successo più o meno aspettato. Per il Senegal, oggi, quell'uomo è Aliou Cissé, ex giocatore ed ora commissario tecnico all'esordio in panchina in un Mondiale.
Quarantadue anni compiuti a marzo, è l'allenatore più giovane del Mondiale russo e sembra non aver paura di niente: "Sono convinto che questo gruppo possa entusiasmare come quello di sedici anni fa".
Carattere e sacrifici, un binomio che ha accompagnato Cissé per tutta la sua vita, fatta anche di momenti bui, e che ora è il motore del suo Senegal che oggi ha battuto la Polonia.
Quella di Cissé, sembra essere la storia scritta da un regista cinematografico. Nel miglior momento della sua carriera, quando sono iniziate ad arrivare le prime presenze in Champions League e le prestazioni da protagonista con le maglie di Psg e Montpellier, una vera e propria tragedia ha colpito la famiglia Cissé. Nel settembre 2002, il traghetto “Joola”, partito dal Senegal, naufraga al largo della costa del Gambia portandosi via la vita di 1000 persone tra cui gran parte della famiglia del ct senegalese.
Una catastrofe accaduta subito dopo la gioia di un Mondiale giocato sopra le aspettative per il Senegal, quello in Corea. Allora, dopo aver eliminato Uruguay e Francia nel girone, i "Leoni della Teranga” giocarono uno splendido ottavo eliminando la Svezia e interrompendo il sogno Mondiale solo ai quarti di finale contro la Turchia. Il capitano di quella squadra che ha fatto sognare milioni di africani? Proprio lui, l’uomo dei grandi momenti: Aliou Cissé.
"Non so quando, ma il nostro continente vincerà un giorno il Mondiale”. Poche parole che riescono a comunicare tante emozioni, quelle di un popolo che con il calcio, anche solo per 90 minuti, vuole dimenticare i problemi, la povertà e i dolori della cronaca.
Adesso, in Russia, Cissé vuole lasciare di nuovo il segno sul proprio paese, da condottiero. Anche se questa volta dalla panchina: “È un onore e un piacere aver riportato la nazionale al Mondiale, rappresentiamo la nuova generazione del calcio del nostro Paese. Vogliamo superare la prima fase e tenere alta la bandiera dell’Africa".
Ora, chissà se il condottiero portavoce di una nazione intera non dedicherà i suoi successi all'ex ct e amico Bruno Metsu, allenatore di quel Senegal che arrivò così avanti ai Mondiali del 2002, scomparso alcuni anni fa a causa di un tumore: "Sono sicuro che Bruno Metsu lassù ci guarderà e ci sosterrà". Un pensiero, la voce rotta dall'emozione.
E quel desiderio di continuare a stupire, anche contro i pronostici, in questo Mondiale delle sorprese affidandosi alle punte di diamante di un Senegal cresciuto e trasformato grazie agli exploit dei singoli e all'unione del gruppo.
Buona la prima, intanto. Polonia ko e la prima promessa è stata mantenuta. Ora il popolo aspetta e vuole anche sognare in grande, sapendo che con 'l’uomo dei grandi traguardi' niente è impossibile.