"A calcio sempre stato scarso, da ragazzino mi hanno fatto fare tutti i ruoli della panchina. Neanche da guardalinee mi volevano". Mercoledì il suo Chievo giocherà la gara numero 500 in serie A, ma il presidente Campedelli sembra più in preda al buon umore che all'emozione. D'altronde emozionato non lo era neanche quindici anni fa, quando tutto iniziò: "Esordio in A? Ricordo il caldo infernale a Firenze - racconta nel corso di un'intervista concessa a La Gazzetta dello Sport - e l’arbitro che mi diceva di smetterla di fumare. Avrò acceso migliaia di sigarette. A un certo punto, finito il pacchetto, un mio amico me ne diede un altro e l’arbitro se la prese anche con lui. Emozione no, non mi rendevo conto di dove ero finito. La Serie A mi sembrava ancora troppo distante da ciò che eravamo noi". Delneri è passato nei rivali cittadini dell'Hellas: "Il Verona ha fatto la scelta migliore, Gigi sa di calcio. E’ giusto che ognuno decida ciò che ritiene più opportuno, io magari farei in modo diverso. L’ultima volta ci siamo sentiti un mese e mezzo fa, ma non doveva mica chiedermi il permesso".
Campedelli non accetta l'idea di considerare il Chievo una realtà della massima serie: "Nel calcio non c’è il tutti vissero felici e contenti. Mi piace pensare al Chievo come una squadra prestata alla A che ogni anno deve meritare il rinnovo. Allenatori con cui ho avuto un rapporto speciale sono Di Carlo, Malesani all’inizio e poi Delneri. Poi c’è Iachini, che ci ha riportato in A. Con loro rapporti franchi e diretti. Undici ideale? A parte Pellissier, che è nella storia del Chievo, escluderei i giocatori di oggi: Sorrentino, Moro, D’Anna, Yepes, Mantovani, Eriberto/Luciano, Perrotta, Corini, Franceschini, Amauri e Pellissier. In panchina Lupatelli, Marchegiani, Baronio, Barone, Barzagli, Tiribocchi, Corradi e Marazzina. L’esultanza più grande ci fu dopo il gol di Semioli in Siena-Chievo nel 2004 05: c’era D’Angelo in panchina, subentrato a Beretta, e ci salvammo. Fu la partita degli amici veri: c’erano tutti quelli che ci vogliono bene".
Fortissimo il legame con la sua creatura: "Morboso. Mio padre sognava il Chievo in A, è una questione di famiglia e una grossa responsabilità. Avrei preferito ci fosse lui a festeggiare le 500 partite, è stato il creatore di tutto. E anche il segretario storico Fiumi, gli amici di mio padre, Giusto e Garonzi, con cui tutto è cominciato. Undici anni fa ho pensato di cedere. La stanchezza, il fatto di non essere abituato a certi stress. Se arrivasse qualcuno che possa fare meglio per il Chievo ci penserei. Vorrei che un giorno potesse camminare con le sue gambe. Fusione con l'Hellas? Ci ho pensato ed era giusto farlo, ma non era una necessità". Rapporti con i colleghi? "Ho un intesa particolare conPreziosi, ma ho feeling pure con Lotito e De Laurentiis, anche se abbiamo visioni diverse di calcio".
Lotta di vertice e rimpianti: "Scudetto? Spero che sia l'anno dell'Inter ma purtroppo lo vincerà la Juve. Troppo forte. Rimpianti? Nel 2002 potevamo prendere Drogba con 3 miliardi di lire, poi la Lazio si tirò indietro per Eriberto e Manfredini e saltò tutto. Adesso farei follie per Pogba e Dybala, unici fuoriclasse in A".