Un autentico gioiellino tra le mani da coccolarsi, presumibilmente, ancora per poco, già corteggiato da tanti grandi club e pronto al grande salto dopo la convocazione in Nazionale maggiore; le novità attorno al suo Brescia e la voglia di riportare il club, entro il 2020, in Serie A. Massimo Cellino ha ormai ben chiaro l'obiettivo da raggiungere con la società biancoblu, in ripresa dopo un avvio complesso di stagione e attualmente in piena zona playoff: intervistato da La Gazzetta dello Sport, Cellino è partito inevitabilmente dalla situazione relativa ad uno dei talenti più interessanti del calcio italiano, con un paragone...speciale.
"Quanto vale Tonali? Non faccio cifre, sto cercando di proteggere un vero talento. Da papà? No, diciamo che sono lo zio. Ha una famiglia solida, tipica lombarda. Ha promesso a me e alla mamma che finirà lo scientifico. Meritava certamente la Nazionale e metterà in difficoltà Mancini, perché è pronto. E’ il prototipo del centrocampista moderno, inventa e difende. Lui come Pirlo? Si assomigliano fisicamente, per il resto sono diversi: Pirlo alla sua età giocava più avanti, poi Ancelotti gli ha cambiato ruolo. Sandro ha grandi doti di equilibratore e credo farà il percorso inverso: tra qualche anno giocherà trequartista. E’ formato dal punto di vista muscolare e ha il senso del gol. Mi ricorda O’Neill che dal Cagliari è poi passato alla Juve. Fabian ha avuto la carriera rovinata dall’alcol, Sandro è un 18enne con la testa da adulto: temo sarà difficile tenerlo in caso di mancata promozione, ma non c’è solo lui. Abbiamo altri giocatori interessanti: Cistana, Spalek, Bisoli. Non vorrei perderli tutti".
Da Tonali al nuovo Brescia, tra nuovo centro d'allenamento e la questione Rigamonti, mettendosi alle spalle il precedente con Is Arenas: "Prima bisogna avere la casa, il posto dove lavorare tutti i giorni. Lo stadio non è una priorità, anche se è vecchio e scomodo. Conoscevo Brescia solo attraverso il Rigamonti e mi aspettavo che la città fosse altrettanto brutta. Invece è meravigliosa e meriterebbe uno stadio decoroso. Va demolito e rifatto. Is Arenas? Mi sono fatto tre mesi per concorso esterno in tentata estorsione. Non ho ancora capito cosa volesse dire. E la vicenda non è chiusa: stanno ancora sentendo i testimoni dell’accusa. Cagliari mi manca moltissimo, è la mia terra: a volte quando sono distratto e sento alla radio qualcuno che dice “il presidente del Cagliari”, mi giro di scatto, credo che stia parlando di me. Non mi sono ancora abituato all’idea, e non mi sento con Giulini: non si è comportato bene quando ho venduto la società".
Inevitabilmente si finisce anche per parlare della questione allenatori: Corini l'uomo scelto per il post Suazo, 31° esonerato da Cellino nella propria carriera da presidente. "Corini parla poco, lavora molto e non si lamenta: è bresciano dentro. Loro sono grandi lavoratori. E ancora più provinciali dei cagliaritani: sono convinti che il mondo cominci e finisca a Brescia. Sugli allenatori...Noi presidenti facciamo un lavoraccio e spesso sbagliamo, ma non ci divertiamo a mandare via la gente. Io e Zamparini siamo diversi, il Palermo è il grande favorito per la A. Suazo? Ha qualità e mi conosce: ho sbagliato però a chiamarlo, non aveva esperienza. Corini è l’uomo giusto al momento giusto, anche se dobbiamo fare di più in trasferta. E Allegri resta l'allenatore cui sono più legato: non l’ho mandato via anche se aveva fatto solo un punto in 6 partite".
In conclusione, un obiettivo su tutti: "L’Atalanta resta un modello. Ho dovuto ricostruire il vivaio affidandolo a una persona di valore come Christian Botturi. So come cercare e costruire i giovani. Ma non c'è un complesso di inferiorità nei loro confonti: arriveremo al loro livello, il traguardo è salire in A al terzo anno, quindi nel 2020. Mi considero un imprenditore del calcio a tempo pieno. Ma ho una certa età e non ho più voglia di buttare via soldi".