Un gol contro l’Atalanta, due col Frosinone, ancora uno al Cagliari. Fanno quattro di fila nelle ultime tre gare, di cui due decisivi, capaci di regalare al Napoli sei punti importanti in trasferte complicate come Bergamo e Cagliari. I numeri di Arkadiusz Milik parlano da soli, risposta perfetta alle critiche piovute su di lui negli ultimi mesi. Arek, però, non è uno che si arrende. Non l’ha mai fatto da bambino, con le difficoltà familiari che si portava dietro, non l’ha fatto nemmeno in Germania quando la parentesi al Bayer Leverkusen sembrava aver detto già tutto sulla sua carriera, o quando si è rotto due ginocchia diverse in due stagioni consecutive in azzurro.
L’arrivo di Ancelotti la scorsa estate ha mischiato le carte: partenza a razzo per il polacco in zona gol, subito decisivo all’esordio in campionato contro la Lazio. Poi il digiuno fino al match con il Parma e l’ombra di Mertens, mattatore degli ultimi anni, che torna a prendere spazio. Non ne ha mai fatto un problema, Milik, che con i compagni di reparto è amico dentro e fuori dal campo. Il sorriso non l’ha abbandonato e ha aspettato il suo momento: con l’Empoli era tornato al gol, ha deciso il match contro l’Atalanta nel finale e poi ha mostrato tutta la sua qualità con la punizione che vìola la Sardegna Arena per la prima volta quest’anno. È diventato il volto del nuovo Napoli ancelottiano: meno spettacolo e più concretezza, lontano dalla bellezza sarrista ma unica squadra in grado di tenere ancora viva una fiammella di speranza per la lotta al vertice in un campionato dominato dalla Juventus.
Quella di Cagliari è una risposta concreta alla sfiducia dell’ambiente sulle sue capacità, così come a quell’errore di Anfield che aveva tolto il sogno a mezza Napoli dopo il match contro il Liverpool. “È vero, potevo segnare, ma non posso pensarci troppo. Dovrò dimenticare l’errore perché da domani si pensa già al Cagliari” aveva detto dopo il match di Champions dello scorso martedì. Forse l’ha pensato anche al minuto 91 della gara contro il Cagliari, prima di allontanare del tutto dal suo volto l’ombra dell’errore su Alisson.
A cura di Gennaro Arpaia