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Data: 08/06/2023 -

Verso Cagliari-Bari, tra folklore e bandiere: quando Casteddu incontra il “priscio”

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Cagliari e Bari si sfidano per la finale playoff di Serie B: è lo scontro tra due squadre e l'incontro tra culture, storie e tradizioni, tanto diverse quanto simili
Cagliari e Bari si sfidano per la finale playoff di Serie B: è lo scontro tra due squadre e l'incontro tra culture, storie e tradizioni, tanto diverse quanto simili

Per raccontare le differenze e le affinità tra Cagliari e Bari, protagoniste nella finale dei playoff di Serie B, occorre guardare alle rispettive storie. Genesi diverse, risalenti a epoche ben distinte, ma accomunate da un tratto simile. Il fil rouge, in questo caso, non è di certo il rosso - per l’appunto -, comune ai colori sociali delle due squadre. È, piuttosto, quel mare su cui si affacciano entrambe le città: tela delle loro storie popolari, capace di rappresentare allo stesso tempo l’orizzonte dei suoi nativi e meta portuale per i forestieri. Da una parte l’Adriatico dei baresi, dall’altro il Tirreno di Casteddu; prospettive geografiche quasi opposte, da cui si sono andati a tessere i primi strati sociali e le successive evoluzioni di usi e tradizioni che, a oggi, rappresentano due città desiderose di portare la propria identità in Serie A.

 

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Verso Cagliari-Bari, tra folklore e... bandiere

Sia Cagliari che Bari, da sempre, hanno imparato a vivere le proprie giornate “svegliandosi sul mare”. Ed è proprio da quest’abitudine che le loro usanze sono state fortemente permeate. Ma se gli abitanti di Casteddu, dal canto loro, rappresentano una delle civiltà più antiche d’Italia, risalente ai tempi degli insediamenti nuragici nell’età neolitica, restano invece più incerte le testimonianze sull’origine di Bari. Quel che è certo, però, è che il capoluogo pugliese rappresenta storicamente la “porta d’oriente” italiana ed europea, linea di separazione con l’occidente e punto d’incontro di molti popoli. Quello barese, per via della sua formazione, ha imparato a essere caldo e accogliente, tanto contaminato quanto orgoglioso del proprio folklore.

Eppure, Cagliari non ha nulla da invidiare al carattere multiculturale di Bari. Il tratto comune è nascosto nelle dominazioni storiche di altri popoli, come quello spagnolo, nel periodo aragonese, o quelli bizantini e saraceni – capaci di colonizzare entrambe le città. Ed è proprio da quest’ultima civiltà che si sono sviluppati i simboli della Sardegna e del capoluogo pugliese. La “bandera de sa Sardigna” - presente sul logo del Cagliari calcio -, infatti, è detta anche “dei quattro mori”, perché rappresenta i quattro re saraceni uccisi dagli aragonesi durante la Battaglia di Alcoraz. Da una parte sconfitti, dall’altra autori primari, ai saraceni viene ricondotta anche l’origine quasi leggendaria dello scudo sannitico di Bari.

 

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Secondo lo storico Antonio Beatillo, infatti, furono gli arabi – colonizzatori fino all’arrivo dei veneziani - a dividere in due parti lo stemma barese: a sinistra il bianco della candida fede, a destra il rosso sangue, da spargere per difendere la propria identità religiosa. Il tutto sorretto da una corona turrita, emblema d’onore nell’Impero Romano, comparsa anche in ambito calcistico. Era il 2017, infatti, quando i tifosi organizzarono, in occasione di Bari-Foggia, una coreografia in cui lo scudo sannita, insieme alla corona, tinse tutta la Curva Nord del San Nicola di bianco e rosso, come i colori presenti sullo sfondo della bandiera sarda, a testimonianza di un altro punto d’incontro tra le due città.

 

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E dopo tanti secoli di storia, viste le numerose contaminazioni, risulta difficile guardare ai cagliaritani come puri “isolani”, nel senso sociale del termine. A oggi, Cagliari e Bari hanno imparato a offrire la propria cultura e le tradizioni alle decine di migliaia di turisti che ogni anno visitano le due città.

Deiola contro Bellomo: quando Casteddu incontra il “priscio”

“Bari è una città bella: si mangia bene, si vive bene… S ste 'bbun adaver (si sta bene davvero, ndr.)”, il gergo di Nicola Bellomo, sorridente e “terra terra” in conferenza stampa, è l’emblema assoluto della baresità. Martedì 6 giugno, il calciatore barivecchiano è intervenuto ai microfoni del club per presentare la sfida più importante della stagione, facendosi carico di tutte le ambizioni e i desideri dei suoi concittadini. Mai una smorfia o qualche cenno di possibili pressioni: Bellomo ha parlato prima da tifoso che da tesserato, a testimonianza di quella verve portata in squadra fin dall’inizio dell’anno. A Bari lo chiamano “priscio”, una forma di trepidante attesa capace di disseminarsi in città, fino a diventare essenza pura di vitalità. È proprio quella che ha animato le vie del capoluogo pugliese in questi giorni, traducendosi nel sold-out record del San Nicola (58.000 spettatori) in vista della partita di ritorno, raggiunto in sole 4 ore.

 

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Credits foto: Tess Lapedota

 

Ma se Bellomo sa portare orgoglio e spensieratezza tra le fila dei biancorossi, anche a Cagliari c’è chi fa gli onori di casa col proprio senso di appartenenza. “Siamo pronti ad aiutarci l’uno con l’altro. Il mister ci chiede di gettare il cuore oltre l’ostacolo. Daremo tutto per raggiungere il nostro obiettivo, siamo pronti alla battaglia”, parola di Alessandro Deiola, che dopo la semifinale vinta col Parma si è subito proiettato alla sfida contro il Bari. Il centrocampista di San Gavino Monreale - a pochi chilometri da Cagliari - sembra essere in perfetta antitesi con Bellomo. Eppure, entrambi condividono un unico obiettivo: portare in tripudio la propria terra, prima da cittadini e tifosi che da calciatori.

 

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Cagliari e Bari saranno anche divise da storie diverse, ma sono accomunate da un sogno: la Serie A. Tra i tanti duelli che animeranno il campo, ce n'è uno più importante, dalle radici inestricabili. È quello tra due culture fortemente identitarie, il cui incontro - più che scontro - sarà in grado di accendere i fari sulla solidità millenaria di Casteddu e sulla spensierata, quanto coinvolgente, vitalità del priscio barese.



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