Ci sarebbe voluto lui, forse, al Bologna per avere la meglio su una scatenata Atalanta. Ma Kennet Andersson ha smesso di giocare qualche tempo fa e ora fa l’allenatore di una squadra femminile di calcio a Goteborg, nella quale gioca anche sua figlia. In questi giorni l’ex attaccante rossoblù ha fatto visita alla squadra a cui è rimasto più legato insieme a una delegazione della sua società, l’Alvsborg. Ma prima della partita tra Bologna e Atalanta è stato premiato nel suo vecchio Dall’Ara e ha ricevuto l’abbraccio più bello, quello dei tifosi che non lo hanno dimenticato.
Prima nella curva Bulgarelli è comparso lo striscione con la scritta “Dalla Svezia è tornato il nostro goleador”, poi sono arrivate le sciarpe, che il gigante svedese si è messo al collo ringraziando non una, ma mille volte. Infine, gli stessi tifosi gli hanno consegnato una bandiera con l’immagine di un altro suo compagno, quel Klas Ingesson che è scomparso due anni fa: Andersson l’ha presa fra le mani e l’ha sventolata per alcuni minuti. Tanta emozione sugli spalti. “Ha lasciato un grande vuoto – racconta Kennet – proprio alcuni giorni fa sono passati due anni da quando se n’è andato, ma non lo dimentico mai, era una grande persona”.
Poi il pensiero va a Bologna, a quello che la città ha rappresentato per lui che sotto le Due Torri ha vissuto quattro stagioni intense che hanno portato anche alla vittoria di una Coppa Intertoto e a una semifinale di Coppa Uefa: “Per me è un’emozione unica tornare a Bologna. In questi giorni sono stato a Casteldebole, posto in cui non tornavo da 16 anni. Qui sono legato a tutti, alla società, alla città, ai tifosi; ho giocato a Bologna in un momento in cui la Serie A era il campionato più importante del mondo”. Forse non per il numero di gol segnati, ma di sicuro per quello che ha rappresentato, Andersson a Bologna è una sorta di icona: “E’ un concetto che non mi entra in testa, faccio fatica a pensare che sia così. Sono stati anni molto belli, con un gruppo fatto di persone fantastiche”.
Era il Bologna di Binotto, Signori, Marocchi, Pagliuca, De Marchi. E di Ulivieri, una figura di grande carisma che ancora oggi a Coverciano insegna i segreti del mestiere ai futuri allenatori della Serie A. Ma il calcio oggi è cambiato e lo stesso Andersson non se la sente di dare consigli a Destro e ai suoi compagni: “E’ un calcio più fisico quello di oggi, c’è più velocità, non posso dire nulla a questi ragazzi se non che diano il massimo. Sempre”. E questo vale anche per i due suoi connazionali che oggi vestono il rossoblù: “Helander e Krafth qui potranno costruirsi un buon futuro e fare anche il bene della Svezia. Ne sono sicuro”. Così come è sicuro che Bologna non dimenticherà mai questo gigante che è sceso dal profondo Nord per lasciare un segno. Nella porta degli avversari e nel cuore dei suoi tifosi.
di Marco Merlini