Bologna-Atalanta, Donadoni VS passato. Tutto è cominciato grazie alla "Dea" per l'allenatore di Cisano Bergamaso, che tuttavia, un po' come per il Milan, non è mai riuscito ad allenare. Adesso siede sulla panchina del Bologna, altra squadra ambiziosa:
"E’ una realtà in crescita, stiamo cercando la nostra dimensione" - si legge nelle pagine de La Gazzetta dello Sport - "Progetto? Se perdi tre partite il progetto non esiste. Progetto è una parola inflazionata, però con questa proprietà ha più senso. Sono nordamericani e hanno anche radici forti in Italia. Joey Saputo? E' un tipo Affabile, davvero una persona perbene. Rispetta i ruoli e questo per me è un dato fondamentale. Parma? Onestamente sono perplesso, non credevo che potesse finire così, ma da fuori faccio fatica a giudicare".
Sfida da ex: "E’ stimolante. Qualche mese fa sembrava che dovesse succedere la rivoluzione, invece Gasperini è rimasto giustamente al suo posto e la squadra adesso è in alto. Da bergamasco sono contento e da avversario sono curioso. L’Atalanta è partita più o meno alla pari con noi, sulla carta, e ora ha una classifica favolosa. Perciò voglio vedere che cosa succederà domenica. Io e Gasperini allenatori di provincia? Non è giusto etichettare le persone così. Se Gasperini avesse fallito all’Inter, alla Roma, alla Juventus capirei, ma così è assurdo. Ed è assurdo valutare me per le chance che non ho avuto".
I rossoneri per ora rimangono un sogno? "Allenare il Milan non è un obiettivo. Sarebbe una soddisfazione per me, ma non esiste soltanto quello. E comunque al momento l’obiettivo sarebbe più fuori che dentro l’Italia, fermo restando il fatto che il Bologna è la priorità. Ci sono passi importanti da fare, come la costruzione di un centro sportivo: è il segnale della serietà dei piani di Saputo, il segno di grandi ambizioni. Qui si sta portando avanti davvero un progetto, parola abusata nel calcio italiano".
La "famiglia" prima di tutto: "Ho rifiutato un'importante proposta dall'estero per non abbandonare il mio staff e non ci vedo niente di strano. Un allenatore esiste anche in ragione delle persone che lavorano con lui. Il mio staff mi dà certezze, sicurezze. Mi completo con loro. Guadagnare soldi escludendo loro non mi piacerebbe, anche perché i soldi in quanto tali non sono una mia priorità. Non vorrei apparire antipatico, ma non ho bisogno di questo e posso scegliere".
In chiusura d'intervista Donadoni parla di Destro e della Nazionale: "Destro sta cominciando a capire tante cose, la sua autostima sta aumentando. A volte sembra ancora che non creda di poter raggiungere certi livelli, ma sta cambiando. Nazionale? Per me l'Italia non è un rimpianto. Quando l’ho lasciata se non mi sbaglio era al secondo posto nel ranking mondiale. Il resto sono chiacchiere. Giovani? E’ una scelta intelligente, senza giovani da far crescere le squadre faticano. Si migliora facendo maturare i giovani, ma troppo spesso in Nazionale e altrove ci si scontra con la realtà e con gente che concepisce il calcio in maniera egoistica".