“Io e Fabio ex compagni di squadra? C’è un errore”. Gli anni di Palermo, la Nazionale Italiana, la vittoria del Mondiale 2006… Ma com’è possibile? “Io e Fabio siamo amici con la A maiuscola, il nostro è un rapporto che va oltre il calcio”. Esaustivo nei dettagli Simone Barone, pignolo come in panchina, alla guida della Juniores Nazionale del Parma. Prima di allenare, però, ha condiviso una ricca fetta di carriera con Fabio Grosso, l’uomo del momento, l’allenatore che ha trionfato al Viareggio Cup con la sua Juventus: “Quanto è strano il calcio? Il suo primo successo da allenatore arriva contro la squadra che lo ha lanciato ad altissimi livelli”.
Al Palermo Grosso deve tanto. È stata la vetrina che lo ha esposto al grande calcio, il trampolino per l’Italia, il Mondiale, il gol alla Germania, il rigore decisivo contro la Francia: tappe, flash, attimi di una carriera lenta, stentata, poi improvvisamente indimenticabile: “Fabio è arrivato tardi nel calcio che conta – rivela Barone a GianlucaDiMarzio.com -, ma quando ce l’ha fatta è esploso al massimo”. Meglio tardi che mai, un po’ come in semifinale contro la Germania, nel 2006: centodiciotto minuti d’attesa prima del gol che ha cambiato la sua vita. Ma che allenatore è, Fabio Grosso? “Una persona eccezionale, innanzitutto. Chi lo ha scelto avrà sicuramente apprezzato il suo lato umano. Vive per il calcio, ha passione, voglia, determinazione. Fabio ha cambiato diverse squadre, ha conosciuto tanti allenatore, è stato all’estero, ha imparato tanto. Ha un bagaglio culturale talmente ampio da essere destinato ad una carriera importante”.
Il cielo tutela le sue ambizioni: ieri azzurro sopra Berlino, oggi bianconero a Viareggio, all’indomani della vittoria per 3-2 in finale contro il Palermo: “In questa settimana ci siamo sentiti spesso, abbiamo scherzato sulla partita, gli ho fatto i complimenti per il traguardo raggiunto. Gli auguro il meglio, se lo merita”. Difficile chiedere "il meglio" a chi realizza il rigore decisivo nella finale dei Mondiali, ma il segreto è resettare tutto e ripartire: “Chi vuol emergere come allenatore deve dimenticarsi di essere stato calciatore. Sono sincero – spiega Barone -, non mi aspettavo gli piacesse stare panchina, o comunque non così tanto. Evidentemente è scattato qualcosa in lui che lo ha fatto innamorare di questo mestiere”.
E i risultati, dal 2014 ad oggi, non sono tardati ad arrivare: oltre al trionfo in Viareggio Cup, la sua Juventus è prima in campionato nel Girone A. “Fabio è allenatore moderno, ha le proprie idee che porta avanti con grande coerenza. La cosa più bella è che i ragazzi lo seguono tanto”. Barone ne è convinto e si affida ad un esempio: “Durante una partita contro il Novara ricordo bene l’immagine dei ragazzi che corsero ad abbracciarlo dopo un gol. Gli dissi che quel gesto testimonia la grande sintonia con la squadra, e non c’è cosa più bella per chi allena i giovani”. A pensarci bene, a quasi dieci anni di distanza cambia solo la prospettiva dalla quale difendersi: in Germania, nel 2006, fu travolto dai suoi compagni, ora fa lo stesso coi suoi ragazzi. Dal campo alla panchina, senza distinzione: il calcio è emozione. E Fabio Grosso lo ha capito bene. Anche da allenatore.
A cura di Fabio Tarantino - @FabTarantino_19