Uno a zero per la squadra di casa, la solita cornice infuocata (nel vero senso della parola) sulle tribune. Scene di “ordinaria” follia se ti trovi a Belgrado nel giorno del večiti derbi, il derby eterno. Sabato Partizan e Stella Rossa si sono incrociate per la 152a volta e oltre al risultato sul campo c’è da registrare anche il solito bilancio extra-calcistico: 44 arresti e 8 poliziotti feriti al termine della guerriglia urbana sugli spalti e fuori dallo stadio. Una scenografia da film in una gara tanto affascinante quanto pericolosa. Una partita non per tutti, verrebbe da pensare, anche se tra tifosi mascherati, bandiere bruciate, tamburi, fumogeni e bengala si vedono anche i bambini. Una in particolare, piccola e con l’espressione divertita mentre la madre la solleva con la curva del Partizan che sullo sfondo esplode (letteralmente). Stesso sangue, stesso tifo.
In un’immagine tutta la follia di una gara che ogni volta fa il giro del mondo più per il clima infernale che per le giocate in campo. Frutto di una rivalità totale che contrappone i grobari (i “becchini” neri del Partizan) e i delije della Stella Rossa (o i cigani, gli “zingari” per gli avversari). Due etnie che si contendono molto più della supremazia cittadina e che ogni volta finiscono per scontrarsi in giornate piene di violenza. Che sia per il calcio, il basket o la pallamano. Belgrado - la “città bianca” ferita dalla guerra e per molti versi luogo simbolo dello scontro e della divisione - a fare da teatro a due mondi che hanno in comune solo l’anno di nascita (il 1945). Sobrietà poca, calore tanto (un po’ troppo in verità); in questa arena bollente dove le misure di sicurezza non sono proprio impeccabili il numero dei feriti non fa più notizia. Altre volte è andata ben peggio rispetto a sabato.
Da una parte la Crvena Zvezda, la squadra del popolo che esprime al massimo il legame dei serbi con la loro patria; di contro la squadra dell’esercito che si è battuto per difendere quella stessa patria dai nazisti, il Partizan. Idee e culture su due linee parallele che quando si incontrano (o meglio, si scontrano) mostrano la loro potenza davvero in ogni modo; tirando cellulari in campo, sfondando le reti che dividono le tifoserie o costringendo l’arbitro ad interrompere il gioco. Episodi già consegnati alla storia che ogni volta vedono un nuovo capitolo della saga. In tutto ciò ci sarebbe anche il verdetto del campo: il nome di Leonardo da Silva Souza - che ha segnato il gol decisivo all’89’ - si vede appena sul tabellone luminoso in mezzo al fumo nero che si alza dalle curve.
Tutto finisce con i vincitori sollevati davanti alla curva mentre tutto intorno il caos cresce (se possibile) ancora di più. Per molti presenti il risultato è già passato in secondo piano, probabilmente non è nemmeno stato l’interesse principale della giornata. Quello che conta ogni volta è essere lì, uniti al fianco di colori e ideologie che sono molto più di una squadra di calcio. Il tifo per l’una o per l’altra, con tutto quello che si porta dietro, va tramandato di generazione in generazione, di padre in figlio – o, come si vede nella foto, di madre in figlia. Partizan-Stella Rossa non è un gioco, è una partita in cui di razionale c’è poco ma che sa coinvolgere uomini e donne di ogni età.