Di trofei in maglia rossonera ne ha vinti tanti, assieme ad altri campioni che hanno fatto la storia del Milan. Con Albertini c'erano Tassotti, Maldini, Baresi, ma anche Van Basten, Gullit, Rijkaard. Un mix perfetto tra italiani e stranieri, quello che forse manca oggi: "Io sono assolutamente d’accordo con l'italianizzazione del Milan" - si legge nelle pagine del Corriere dello Sport - "Sono convinto che i calciatori italiani abbiano un logico e doveroso senso di appartenenza rispetto ai colleghi stranieri. Ma per migliorare le cose bisogna lavorare tutti insieme, evitando di dare le colpe ai singoli. Io ricordo che nel 1987 Sacchi fu eliminato nel secondo turno di Coppa Uefa dall’Espanyol. Fu un brutto colpo. Però si è ripartiti da lì, tutti insieme, convinti che quella squadra era forte e vincente. La confusione genera confusione. Il Milan non si può cullare solo sull’entusiasmo di un derby vinto o individuando i lati positivi di una sconfitta come quella contro la Juventus. I valori e i parametri di questa società devono essere ben altri".
Per Albertini il problema non è legato solo all'allenatore: "Io dico solo che l’unica certezza che mi è rimasta di questo Milan è che ho vissuto nel momento giusto dove questa società aveva creato una grande squadra fatta di grandi giocatori che lottavano insieme per conquistare obiettivi importanti. Sono grande amico sia di Brocchi che di Mihajlovic. Il problema non è legato ai nomi. Chi fa l’allenatore di mestiere sa come vanno certe cose. Quello che mi fa più fastidio è che in questo momento quello che sta succedendo al Milan venga assimilato quanto sta accadendo al Palermo. Con tutto rispetto per questa società, lo trovo inconcepibile e immeritato".
Obiettivo per il futuro? Ritrovare il vecchio Dna Milan: "Lo spirito vincente. Che non può mancare e, infatti, non è mai mancato in una squadra come il Milan che ha vinto spesso, tanto e per un lungo periodo. Io non ne farei un problema di singoli. Mihajlovic lo considero un ottimo allenatore, Brocchi può fare sicuramente la sua parte. Ma è fondamentale che la società ritrovi le sue radici, quell’identità che l’ha fatta diventare unica nel mondo".