Il gol della salvezza per il suo Rochdale dopo aver sconfitto il cancro due volte. Joe Thompson, il premio più bello a una battaglia lunga e dolorosa
Nelle categorie inferiori, dove tanti calciatori vivono nel silenzio dell’anonimato in attesa del giorno in cui potranno magari scrivere la storia del loro club e diventare così un nome eterno nel mondo del calcio, ci sono storie di lotta e speranza quotidiana che servono da insegnamento soprattutto se dopo tanta sofferenza il calcio e la vita ti regalano l’occasione per una rivincita indimenticabile. È la grandezza del gioco, “The Beautiful Game” come dice Joe Thompson. Quella del centrocampista classe 1989 è una vita in altalena, piena di momenti molto complicati al di là del calcio ma anche di vittorie decisive.
Nei mesi scorsi Four Four Two aveva dedicato un toccante reportage al calciatore nato a Rochdale, a pochi passi dal campo di allenamento e dal terreno di gioco che oggi lo vedono protagonista. La storia inizia tra le mura di casa e finisce allo Spotland Stadium, pochi chilometri di distanza ma tanti anni di lotta, speranza, paura e sacrifici. Un padre tossico dipendente, una madre ricoverata a causa del suo disturbo bipolare, una vita stravolta dai continui cambiamenti. A otto anni Joe si trasferisce a Manchester con il fratello per vivere con una zia, poco dopo scopre che il calcio può essere un rifugio, un’occasione per far parte di qualcosa. Il Manchester United lo nota a nove anni e decide di puntare su di lui, in più occasioni Thompson indossa la maglia dei Red Devils dei vari tornei internazionali di categoria.
“Avevo una giovane famiglia da mantenere e non sapevo se sarei sopravvissuto”
A 16 anni però lo United gli comunica che non intende puntare su di lui, Joe però vuole ripartire e lo fa con la squadra della sua città nella quarta divisione del calcio inglese. Nel 2013 inizia invece la sua seconda ricorsa, ben più importante di quella a un pallone. Un inferno in cui viene gettato dalle parole dei medici che gli diagnosticano uno strano tipo di cancro alle ghiandole e ai vasi sanguigni. “Di notte sudavo talmente tanto che il mio letto sembrava una piscina – racconta proprio Thompson a Four Four Two – avevo una giovane famiglia da mantenere e non sapevo nemmeno se sarei riuscito a sopravvivere. Avevo 24 anni e così mi misero nel reparto dove sono i bambini più piccoli e non mi sentivo affatto mio agio in quel luogo visto che anche io avevo un bambino piccolo”.
La lotta di Joe dura nove mesi e il cancro viene sconfitto. La squadra in cui giocava (il Tranmere Rovers) decide però di non rinnovargli il contratto; ma Joe ha imparato molto dalle esperienze negative, così trasforma quel momento in energia positiva. “Non ero un anziano di 77 anni e sapevo di poter tornare a sentirmi un calciatore, qualsiasi dolore uno possa soffrire sul terreno di gioco non è nemmeno lontanamente paragonabile alla chemioterapia. Così il mio agente mi suggerì di tornare al Rochdale ma io avevo paura di deludere il club in cui avevo vissuto i miei momenti migliori”. Alla fine si convince, nel 2016 torna a vestire la maglia del club del suo cuore ma un anno dopo i medici gli diagnosticano un secondo cancro.
“Ho vissuto il primo anniversario di matrimonio in un letto d’ospedale con mia moglie”
“Ero arrabbiato e se la prima volta ero rimasto sorpreso, in quell’occasione iniziai ad avere paura”, racconta ancora. I suoi compagni e la sua famiglia trascorrono intere giornate con lui in ospedale, Joe festeggia il primo anniversario di matrimonio in un letto guardando Love Island con la moglie: “Sembravamo due adolescenti”. La seconda meravigliosa vittoria arriva. Il cancro viene sconfitto ancora, così come la depressione. A 28 anni Thompson ho perso molto peso e tutti i capelli ma con la sua solita forza inizia il lungo processo di recupero durante il quale organizza anche conferenze motivazionali per gli atleti, in cui racconta il suo percorso con la malattia. “Quando ho parlato nell’Accademia del Manchester City Pep Guardiola mi ha augurato il meglio e io non potevo nemmeno credere che lui sapesse il mio nome…”.
Nel frattempo lavorava in silenzio, aspettando il giorno in cui potersi sentire nuovamente un calciatore. Quel giorno arriva il 23 dicembre contro il Walsall, Joe vede vicina quella luce che per anni lo ha spinto a dare sempre di più, in campo ma soprattutto nella vita. Una destinazione in fondo a un viaggio lungo e doloroso; quella luce diventa più brillante che mai 361 giorni dopo l’inizio dei trattamenti di chemioterapia. Ultima giornata della League One, il Rochdale lotta per salvarsi contro il Charlton Athletics e aspetta buone notizie dal campo dell’Oldham che non deve vincere per permettere a Joe e alla sua squadra di mantenere la categoria. Il minuto è il 67’, entrambe le gare sono in parità, la rete che decide tutto è di Thompson. Nel suo 197º incontro ufficiale con la maglia del Rochdale festeggia un’altra vittoria. La salvezza porta la sua firma, la sua storia personale vive un’altra pagina straordinaria ed emozionante.
“I ricordi possono tenere in vita qualsiasi uomo”
“Mia figlia crede che io sia un supereroe”. E forse lo è davvero. Dopo le celebrazioni arriva il momento della dedica, più sentite e profonda che mai perché arriva dalla bocca di un ragazzo che crede che tutti i giorni più bui sono stati ripagati da quei pochi istanti. “I ricordi possono tenere in vita qualsiasi uomo. Dobbiamo dare valore a ogni momento. Vorrei dedicare questo gol a tutte le persone che hanno attraversato l’esperienza della malattia, soprattutto a quelli che stanno lottando contro il cancro adesso. C’è sempre un raggio di speranza. Abbi pazienza, tieni la testa ben alta e continua ad essere positivo”.