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Mayor, l’uomo che scoprì Hakimi: “Andò al Real in cambio di qualche pallone”

Barrio Las Margaritas, centro-nord di Getafe, 13 chilometri a sud di Madrid. Case spartane e umili. Un quartiere abitato da famiglie di origine straniera. C’è il mercato, qualche piazza e un campo da calcio in terra battuta. Il piccolo Achraf lo guarda dalla finestra della sua stanza. Tutte le mattine. Preferisce giocare in strada, ma papà Hassan sogna per lui un futuro migliore. 

Settembre 2005. Negli uffici del Colonia Ofigevi, club del barrio, il signor Hakimi tiene per mano Achraf e Nabil, suo fratello maggiore. Inizia la stagione, passa qualche allenamento e Juan Jose Mayor fatica a crederci: “Questo bambino è incredibile. Come fa a essere così forte alla sua età?”. Sono passati quindici anni da quelle parole. Oggi, ai microfoni di Gianlucadimarzio.com, le ripete con convinzione: “Non ci credevo. Si allenava con i ragazzi più grandi di due anni e quando organizzavamo i tornei tutti rimanevano a bocca aperta”. 

Mayor è stato direttore sportivo del Colonia Ofigevi dal 2004 al 2010. Il primo club di Achraf Hakimi. Per Juan Jose era una passione più che un lavoro. Gli allenamenti due volte a settimana e nel weekend la partita. “Non lo facevamo per soldi. Il nostro obiettivo era dare una speranza ai ragazzi di Las Margaritas”. Hakimi aveva bisogno soltanto di una possibilità: “Con noi giocava da attaccante esterno. Aveva una velocità impressionante. Palla al piede saltava tutti e faceva gol”. Una piccola stella. 

A metà stagione, sui campi Juan de la Cierva si presenta Manuel Alcaide. Bazzicava la zona come osservatore del Real Madrid. Guarda qualche allenamento, poi entra nell’ufficio del club: “Vorrei portare questo ragazzo a Valdebebas”, dice sicuro alla dirigenza indicando Hakimi. Juan Jose organizza un colloquio con il padre del ragazzo. Qualche settimana più tardi Achraf inizia ad allenarsi nelle giovanili del Real: “Il padre era molto preoccupato. Il centro sportivo è molto distante da Las Margaritas. Ha dovuto fare tanti sacrifici per portarlo agli allenamenti e seguirlo alle partite”. 

Oggi Hakimi vale 40 milioni. È arrivato in Italia e ha firmato un contratto quinquennale con l’inter da 5 milioni a stagione. “Quando è andato via non abbiamo chiesto nulla al Real. Se un bambino aveva talento non gli chiudevamo la porta in faccia. Eravamo un piccolo club, ci bastava avere l’attrezzatura per andare avanti. Da Madrid ci inviarono qualche pallone. Achraf aveva solo sette anni”

Tutti si aspettavano che sarebbe diventato un professionista: “Hakimi era basso per la sua età, ma il suo fisico era diverso dagli altri. Veloce, forte. Negli anni in cui sono stato lì è stato l’unico bambino ad andare al Real. I loro standard erano molto alti. Solo Achraf è riuscito a impressionarli”. 

A Madrid hanno deciso di farlo giocare più dietro: “Non è più un attaccante, ma le caratteristiche sono quelle. È migliorato molto in questi anni come esterno destro. All’Inter potrà lavorare tanto anche sulla fase difensiva che è il suo tallone d’Achille. In quanto ad assist e gol, invece, è una garanzia”. 

28 presenze e 3 gol nella prima stagione in prestito al Borussia Dortmund, 45+9 la seconda. “Credo che lui volesse provare una nuova esperienza da protagonista. Attualmente nel 4-3-3 di Zidane a Madrid non avrebbe avuto spazio. Anche se l’allenatore lo conosce bene e nel 2017 l’ha fatto esordire in prima squadra. Achraf è un madridista, sono sicuro che un giorno tornerà a casa”. 

Intanto, Milano sarà casa sua per qualche anno: “Non assomiglia a nessun esterno dell’Inter. Maicon e Zanetti erano più difensivi. Roberto Carlos, che giocava a sinistra, faceva tanti gol perché aveva un tiro impressionante. Hakimi è un giocatore innovativo. Sono sicuro che migliorerà ancora e farà molto bene in Italia”. 

Quel bambino cresciuto nel barrio di Las Margaritas ha avverato i suoi sogni. Real, Borussia, oggi Inter. Contro i nerazzurri lo scorso novembre ha segnato una doppietta in Champions lasciando tutti a bocca aperta. Come quando sul campo di Las Margaritas scartava tutti e faceva gol. Predestinato, craque. Già a 7 anni. Juan Jose ci aveva visto lungo.

Giovanni Mazzola

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