Eternamente Miura: rinnovo con lo Yokohama FC a quasi 52 anni
Trentaquattro anni: di solito, è un’età in cui i calciatori iniziano a meditare di ritirarsi. Per Kazuoshi Miura, però, non è così. Se, da un lato, i tanti colleghi in procinto di smettere trentaquattro anni fa erano dei bambini, l’ex attaccante del Genoa 34 stagioni fa iniziava la sua carriera da calciatore professionista: era il 1985 e l’attaccante giapponese si trasferì in Brasile, per vestire la maglia del Santos.
La sua carta d’identità parla chiaro: è nato nel 1967 ed è un quasi cinquantaduenne. L’unico al mondo, alla sua età, a correre ancora e instancabilmente dietro ad un pallone nel mondo professionistico. Ma non è finita qui: Miura ha rinnovato il contratto che lo lega allo Yokohama FC, in seconda divisione giapponese, e continuerà a migliorare il suo record di longevità di tutti i tempi. Nell’ultima stagione, Miura ha superato il primato detenuto da Kevin Poole, portiere del Burton Albion, che si è ritirato nel 2014 alla veneranda età di 51 anni. Il prossimo febbraio, allora, Miura festeggerà sul campo i suoi 52 anni, che lo faranno entrare nella storia del pallone come leader indiscusso di questa insolita classifica.
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Tra i longevi più famosi nella storia del calcio c’è anche Sir Stanley Matthews, indimenticabile funambolo inglese, di ruolo ala destra, che calcò i campi da calcio dal 1931 al 1965. Matthews fu pure capace di mettere in bacheca il “Pallone d’Oro“, il primo assegnato nella storia (1956) quando era ancora nel pieno della carriera agonistica…. a 41 anni. “A hero of all seasons“, un giocatore universale, capace con la sua classe di infiammare gli stadi d’oltremanica per più di trent’anni (e detentore, fino all’anno scorso del record del gol più “anziano” di sempre, battuto poi dallo stesso Miura).
Miura è stato un giramondo e gioca ininterrottamente dal 1986, un’era (calcistica e non) fa. Ha giocato in Brasile, Giappone, Croazia, Australia e… Italia. Non indimenticabile, a dire il vero, la sua unica stagione nel nostro campionato. Nel 1994/95 fu infatti prelevato dal Genoa, diventando il primo calciatore giapponese ad esordire in Serie A. Fu una grossa operazione di marketing, che portò nelle casse rossoblu circa 5 miliardi di vecchie lire dagli sponsor nipponici.
Il centro d’allenamento di Pegli divenne un luogo frequentatissimo dai cronisti asiatici, che seguivano ovunque Miura, all’epoca una vera istituzione sia in campo che fuori nel proprio continente. Il presidente Spinelli stravedeva per lui, un po’ meno l’allenatore, il compianto Franco Scoglio, che non lo fece giocare molto (famosa la sua risposta in un’intervista: “Miura? È un bravo ragazzo”). Alla prima partita in Serie A a San Siro, si ruppe lo zigomo dopo un contrasto con Franco Baresi.
Una metafora di un’esperienza, quella italiana, non da tramandare ai posteri, con 21 presenze e un solo gol, tra l’altro non in una gara qualsiasi, nel Derby della Lanterna. Ma fu una gioia effimera e la sua permanenza iniziò ad esser costellata da tristi e malinconiche panchine. Tempi lontani, andati. Miura fa sempre l’attaccante, cacciando senza sosta il gol. E sperando, ancora una volta, di fermare le inesorabili lancette del tempo.