Descrivere l’indescrivibile, ecco cos’è stato il Totti Day
C’è stata una costante che era Totti. Una certezza che ora non c’è
più. “Maledetto tempo”. Ma benedetto Totti. Perché per 25 anni ci
siamo goduti un campione assoluto. Infinito. E per un giorno, purtroppo uno solo,
abbiamo assistito all’indescrivibile. Al surreale. Come il clima dell’Olimpico,
che durante il giro di campo di Francesco non si è permesso di fare un coro.
Uno solo. Forse per non disturbare, lasciando andare i sentimenti innamorandosi dei ricordi. Quel giro ha
rappresentato tutto ciò che è stato Totti in questi anni. I nonni, i padri, i
nipoti. E la gente piangeva. La costante che dice addio. Di Roma-Genoa non fregava niente a nessuno, la
squadra poteva anche arrivare terza. Chissenefrega, no? Sensazioni.
Doveva entrare Totti, doveva lasciare il segno, doveva dire addio. Alla fine ha segnato De Rossi in un virtuale passaggio di consegne, non è andata male: “Dopo 14 anni non
vedrò più un amico nello spogliatoio”. Il saluto – in lacrime – di capitan
futuro che l’anno prossimo diventerà presente. Realtà. Ah, e se qualcuno non se ne fosse accorto la Roma è andata in Champions League, ci ha pensato Perotti. Ma oggi del risultato importava poco, uno dei tanti elementi di surrealità di cui parlavamo prima. Tutti a piangere, ad applaudire, a fotografare
l’attimo. Increduli. Col soundtrack del Gladiatore in sottofondo.
Con gli occhi lucidi a fissare il campo, in silenzio.
Insieme. Perché Totti è stato unione, i 60mila dell’Olimpico l’hanno dimostrato
per tutta la giornata, con striscioni e tanti cori. Ipnotizzati di
fronte al Capitano che lascia, smette, si commuove e forse, forse per la
prima volta in vita sua, realizza veramente ciò che è stato. Ciò che ha fatto
per la Roma. “Stavolta è finita davvero, vi amo”. Come Ilary e i suoi
figli, abbracciati a più riprese. Come Christian in tribuna durante l’ingresso in campo del papà, immortalato dalle telecamere con un’espressione indecifrabile, avvolto nei
pensieri: “Ma mio padre è stato davvero tutto ciò?”. Rispondiamo noi:
“Sì, anche di più”. Unito nell’abbraccio di 60mila persone,
monoteiste di un solo D10 (leggi qui). Totti. Un giorno storico già intuibile nel pre-partita: cancelli aperti alle 3,30, fila interminabile già
dalle 3. Sole d’estate. Un pomeriggio di maggio in cui o vai in bermuda o vai
in bermuda. Nessuna scelta. Tutti avevano una maglia del Capitano, o una
sciarpa col suo volto. Tutti volevano esserci per salutare il “fratello” di
una vita, quello che da piccoli diventava un vanto:
“Ma che me frega, io c’ho Totti!”. Orgoglio di un popolo e di una città: “Bandiera che mai si ammainerà”. C’è chi è confuso, chi incredulo,
chi non vuole commentare perché proprio “nun gliela fa”. Di tutto. Qualcosa difficile da spiegare a chi magari non tifa Roma, o non
vive la quotidianità romana del pallone. Difetti inclusi. Ma è stato questo il bello del #TottiDay, la sua unicità: l’Italia intera ha capito cos’è stato Francesco
Totti a Roma, nella Roma, per la Roma. E soltanto alla fine.
Veniamo al dunque però, ai bilanci: Totti ci mancherà. Mancherà il suo modo unico di vedere il calcio. Le
battute, i modi, la classe, i suoi sorrisi. Oggi pochi, sostituiti dalle
lacrime. Mancherà perché col suo ritiro si conclude una parte di noi che non tornerà più, dall’infanzia all’adolescenza. La playstation, le figurine, il primo bacio, la prima volta, il primo amore, il primo “bravo” del tuo capo. Il suo addio coincide col ciclo dell’esistenza. Lascia solo perché è la vita, perché è il momento. E lo sa anche lui: “Concedetemi un po’ di paura, non riesco a vedere oltre i
buchi della rete”. Un leader del suo calibro che ammette l’incertezza, l’ansia. La consapevolezza di un futuro incerto. “Ora ho bisogno di voi”. Non è da tutti, solo da
Totti. E ora? Ora non importa cosa farà, rimarrà Storia. Resta un giorno difficilmente replicabile, lo sguardo di chi osserva l’Olimpico e non vuole tornare a casa, resta un grazie, affettuoso e sincero, a chi ti ha fatto diventare della Roma. Infine le lacrime, ma di gioia. Il motivo in poche parole: “Non piango perché smetti, ma sorrido perché ci sei stato”. Perché c’è stata una costante che era Totti.