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Dal gol al Milan ai gol per l’Olbia, Ragatzu si racconta: “Qui sono felice. E poi c’è Cossu…”

Un gol atteso un anno da Daniele Ragatzu, che in carriera ha imparato a dare del tu alla sfortuna. I due pare abbiamo finalmente litigato e adesso Daniele comincia a togliersi qualche soddisfazione. La scorsa stagione aveva accettato la Lega Pro, Rimini, ed era ripartito alla grande. Poi il perone ha fatto crack. Otto mesi di sacrifici, durante i quali l’idea di lasciare non l’ha mai sfiorato. Carattere forte quello di Ragatzu che a 17 anni aveva già segnato la prima rete in Serie A. Talento precoce, con la sua rapidità e la sua tecnica, faceva ammattire grandi difensori… Uno su tutti? Thiago Silva. Eppure ha avuto la forza di ricominciare e l’umiltà di ripartire da due gradini più sotto. Un tempo se lo contendevano le big, adesso Daniele riparte da Olbia e dal suo ambizioso progetto.

In squadra ci sono anche due grandi amici, Cossu e Pisano: profumo di serie A: “E’ un bellissimo gruppo e con ‘Checco’ e Andrea ho un grande rapporto. Cossu per me è sempre stato un idolo, puoi capire cosa significa per me giocarci assieme e avere la possibilità di frequentarlo anche fuori dal campo. Gli anni vissuti con loro in A rappresentano il passato, bello ma ormai, appunto, ‘passato’. Io guardo al presente e al futuro che in questo momento è l’Olbia. Il mio obiettivo è di entrare in piena forma per crescere con i ‘bianchi’ e vediamo dove possiamo arrivare”. Finalmente un altro club fra i Pro che punta sui giovani sardi: “E’ uno dei motivi per il quale ho accettato. Condivido appieno questa filosofia, ragazzi giovani e sardi da crescere. Anzi, ti dico di più, io vorrei una squadra tutta sarda e sono contento che finalmente ci sia la possibilità per i nostri talenti di mettersi in mostra e crescere in casa. Finalmente abbiamo un’occasione in più per mostrare il nostro potenziale“.

Il gol contro il Como è stata una liberazione? “Decisamente sì. Sono stato fermo otto mesi e trovare il gol dopo poche partite sa proprio di rinascita. Come i bambini che fanno i primi passi, ho dovuto rimparare a camminare, a correre, a calciare. Sto cercando di impegnarmi al massimo per tornare in forma e a livello personale sono molto contento. Ho fatto anche quattro assist, ma al di là di questo è la squadra che sta andando bene e questo mi rende felice. Ho accettato il progetto dell’Olbia con grande entusiasmo e devo ringraziare il mio procuratore per questa opportunità e il presidente Marino. Il resto lo hanno fatto la mia famiglia e la mia ragazza, sempre al mio fianco. E un grazie anche a Pierluigi Carta, il nostro direttore sportivo: mi ha dato fiducia e ora sono pronto a dare tutto per ripagarlo sul campo”.

Quali sono le squadre che ti hanno impressionato di più? “L’Alessandria in assoluto, anche se quando è venuta qui al Nespoli per 70 minuti ha dovuto subire il nostro gioco, questo a testimonianza della bontà della nostra rosa. Nonostante ciò bisogna ammettere che è la squadra che ci ha dato più problemi, perché hanno giocatori e ricambi di qualità. Per il momento comunque non ci montiamo la testa, il nostro obiettivo è salvarci. Dopo sì, se raggiungiamo in fretta la quota possiamo provare l’assalto ai play-off e magari sognare”. E per te potrebbe essere l’anno giusto per il rilancio: “Lo spero, prima di tutto per tutti quelli che hanno creduto in me e mi hanno dato fiducia. Poi per me stesso, voglio dimostrare che sono tornato, che posso dare ancora tanto”. Anche un altro Daniele è tornato al gol dopo un grave infortunio… “Io e Dessena abbiamo vissuto un momento simile e ti posso assicurare che sono mesi in cui si soffre e dove sforzi e sacrifici sono raddoppiati. Vedi gli altri che giocano, magari la squadra che ha bisogno di aiuto e ti senti impotente. Tornare e segnare una doppietta, sono sicuro, deve avergli dato una gioia immensa e sono felice per lui: una bellissima soddisfazione”.

Non ti chiedo la squadra preferita perché la risposta è scontata, mi dici allora il tuo idolo da bambino? “Andrea Cossu (ride). Non vorrei apparirti un ruffiano, ma è sempre stato il mio modello, anche perché quando mi affacciavo alla prima squadra ho potuto studiarlo da vicino e mi ha sempre aiutato tanto, mi ha dato tanti consigli. Quando ero piccolo, ti parlo di 5-6 anni, era Ronaldo, il fenomeno. Poi crescendo, ma soprattutto avendo la possibilità di vederlo tutti i giorni, mi sono ispirato ad Andrea, quello che più di tutti mi impressionava per le sue giocate e la sua tecnica”. E il Cagliari dove può arrivare? “E’ sempre difficile fare queste previsioni e anche imbarazzante… (ride di nuovo). Certo mi piacerebbe se riuscisse a fare qualcosa di più della semplice salvezza, ma non so dove possa arrivare. E anche se riuscisse a centrare solamente la salvezza sarei felice comunque: il Cagliari per noi sardi è tutto, sportivamente parlando e la serie A non può mai mancare”.

Oltre al calcio cosa ti appassiona? “Mi piace occupare tutto il tempo libero con chi mi vuole bene: è la cosa che mi fa stare meglio. Per recuperare energie fisiche e mentali è la migliore medicina. Una passeggiata per il centro con la mia ragazza, due chiacchiere con mio fratello, cose semplici… E’ questo il mio hobby preferito. Tatuaggi? Sì mi piacciono e non li faccio per moda, ci sono legato perché hanno un significato importante per me. Nel braccio destro ho tatuate le iniziali di tutti i membri della mia famiglia. Nel collo c’è spazio solo per papà, la mia vita: se non fosse per lui non avrei mai realizzato il mio sogno. E nel braccio sinistro ho un rosario, l’ho fatto per mia sorella. Tre tatuaggi che hanno un significato forte per me”.

Prima partita vista allo stadio? “Eh, ero piccolo… Ora lasciami pensare… Quella che mi è rimasta più impressa è un Cagliari-Genoa con doppietta di Acquafresca. Ma la prima in assoluto fu un Cagliari-Atalanta, finì 5 a 0 e segnò anche un certo Gianfranco Zola… Quella mi rimarrà sempre nel cuore perché ero a un passo dai miei idoli, facevo il raccattapalle. Anche se non ho avuto la fortuna di giocarci assieme, potrò raccontare ai miei nipotini di aver passato la palla a un mito come Gianfranco (ride ancora)”. Ti sei dato un bottino minimo di gol? “Nessun obiettivo minimo, può essere controproducente. Voglio avere la testa sgombra e dare il massimo, senza promettere una cifra ma allo stesso tempo cercando il gol, come è giusto che sia per un attaccante: per noi è linfa vitale. Mettiamola così, ne ho fatto uno? Cercherò di farne qualcuno in più…”. E se torna ai livelli della serie A non basteranno le dita delle mani per contarli…