Da Wembley a Wembley: la consacrazione azzurra di Chiellini
Giorgio Chiellini: simbolo e capitano di una rinascita insperata
Rinascere vuol dire tornare ad avere speranza. Solo tre anni fa vedevamo tutto nero e oggi, quando oggi Chiellini è sceso a Fiumicino con la coppa tra le mani e la corona in testa, ci siamo dimenticati all’improvviso di tutte le delusioni. Sì, perché per realizzare di aver vinto ci è voluta una notte. Una notte lunga più di tre anni.
Per Giorgio l’attesa è stata ancora più lunga. Nel 2006, quando Cannavaro ha alzato la Coppa del Mondo all’Olympiastadion di Berlino, lui era sugli spalti a festeggiare. Forse sperava un giorno di poter diventare il capitano e alzare al cielo un altro trofeo. Purtroppo, da quel 9 luglio, sono state più le sofferenze che le gioie per gli azzurri. Fino a ieri sera.
Il peso delle aspettative
In 112 presenze con la Nazionale, Chiellini ha vissuto sulla propria pelle uno dei decenni più difficili della storia calcistica italiana. Un’impresa come quella del 2006 sarebbe stata difficilmente ripetibile: i fuoriclasse di quella rosa erano per la maggior parte al tramonto della carriera e il peso delle aspettative si è fatto sentire sui volti nuovi del ricambio generazionale, Chiellini compreso.
Lui c’era quando siamo stati eliminati ai quarti di Euro2008 dalla Spagna ai rigori e squando siamo usciti in un girone con Paraguay, Nuova Zelanda e Slovacchia nel 2010, la finale di Euro2012 sembrava aver ridato fiducia. Purtroppo, un sonoro 4-0 contro le Furie Rosse non aveva fatto altro che alimentare le insicurezze, soprattutto nei difensori: l’eccellenza storica della difesa italiana sembrava venire meno. I vari Nesta, Cannavaro, Materazzi sembravano lontani anni luce dai nostri Chiellini, Bonucci e Barzagli. Almeno per quanto riguarda la nazionale.
Da Wembley…
A Wembley, invece, siamo rinati. Proprio a Londra Chiellini aveva giocato la prima partita di inaugurazione del nuovo Wembley nel 2007: un 3-3 (sempre contro l’Inghilterra) con tripletta di Pazzini. In quel match è nata anche la figura mitologica del “Chiellini bendato”, dopo un vistoso infortunio alla testa è voluto restare in campo a tutti i costi e con una vistosa fasciatura alla testa ha proseguito fino al 62’. Chissà se mai avrebbe immaginato che 14 anni dopo, nello stesso stadio, avrebbe alzato al cielo un trofeo che all’Italia mancava da 53 anni.
La difesa è tornata al centro del villaggio e Chiellini ne è stato il simbolo: Saka preso per la maglia allo scadere dei tempi regolamentari della finale per evitare un ultimo pericoloso contropiede è solo l’ultima immagine di un marchio di fabbrica che ha fatto la fortuna dei nostri Europei. A 36 anni, nei quarti di finale contro il Belgio, ha annullato fisicamente Lukaku e nella semifinale contro gli spagnoli ha mostrato tutta la sua personalità scherzando con un infastidito Jordi Alba e in certo modo tranquillizzando tutti i compagni prima dei calci di rigore.
A Wembley (e forse in Qatar)
Insomma, non c’è l’evento non se c’è l’attesa e per Chiellini la vittoria di quest’Europeo è solo la giusta ricompensa per esserci sempre stato, nel bene e nel male, per la Nazionale. Probabilmente quella con l’Inghilterra è stata la sua ultima partita “azzurra”, a maggio lo aveva annunciato. Bonucci, però, proverà a fargli cambiare idea: “Tanto lo convinco io”. C’è ancora speranza, dunque, di vederlo a Qatar 2022, e per lui, come per noi, sarebbe come rinascere di nuovo.