“Buffon? Il più forte di tutti i tempi: un’icona mondiale”. Cagliari, Rafael si racconta
“A vent’anni vinsi lo scudetto con il Santos, l’anno dopo mi ritrovai senza squadra”. Storia che parte da lontano quella di Rafael, che anche questa stagione si sta prendendo le sue soddisfazioni. Precario del posto da titolare, il para-rigori di San Paolo ha portato 12 dei 20 punti ai rossoblù. In campo sguardo da Killer, fuori ragazzo simpatico e pacato. “Ti sembrerà una risposta scontata ma voglio condividere i meriti di quei 12 punti con i miei compagni” – attacca Rafael con un sorriso – “Quando si fanno punti significa che ognuno ha fatto il suo dovere: io sono parte della squadra, ho fatto solo il mio”.
I dati non sono certo sfuggiti alla società, che non ha voluto correre il rischio di perderlo a parametro zero… “Sono molto contento di questo rinnovo perché è capitato in un periodo dell’anno in cui i club fanno le loro valutazioni e significa che mi apprezzano. Io non posso che essere felice, qui mi trovo a casa. Due anni fa ho scelto Cagliari per merito del presidente Mi ha convinto lui, mi ha chiamato e ha voluto vedermi di persona. Mi sono bastati pochi minuti per dire di sì, il suo entusiasmo e il suo progetto mi hanno convinto. Al resto ci ha pensato la piazza. Mi ha impressionato subito il calore dei tifosi, la bellezza della città, il clima: impossibile non rimanere incantati”.
Tra le tue abilità c’è quella di parare i rigori: sarà per lo sguardo alla Jack Nicholson? (ride) “In settimana ci lavoriamo tantissimo con David Dei, che ci tiene a questo aspetto. Studiamo i video, gli avversari, è fondamentale per capire come giocartela nel momento che te li trovi di fronte. Ogni attaccante ha la sua tecnica, anche psicologica. Puoi guardare i video, fare percentuali, ma alla fine conta tantissimo il momento. Ci vuole anche intuito e un po’ di fortuna. Quanto allo sguardo molti mi dicono che ho occhi da pazzo: è l’adrenalina della partita, ti mette talmente in tensione che non senti niente. Sei concentrato sulle giocate e sulle azioni ed è un bene. Poi quando mi guardo a fine partita mi faccio paura pure io…”.
Cosa altro ti leva il sonno? “Gli attaccanti forti. Nel mio primo anno in serie A Carlos Tevez, senza dubbio. Non c’era domenica che non si inventasse qualcosa e quando lo affrontavi eri consapevole che in qualsiasi momento ti poteva fare gol”. Tra i pali per vocazione o costrizione? “Un po’ entrambe. Ho iniziato come attaccante, nel Nacional, una piccola squadra di San Paolo. Dato che di segnare non se ne parlava neanche decisi di passare al calcetto e mi misero in porta. Da quel momento lì mi sono innamorato del ruolo e scelsi di fare il portiere anche nel calcio a 11, sempre nel Nacional”.
A 18 anni il passaggio nel Santos di Pelè e Neymar, scudetto al primo colpo: “Era un periodo difficile a livello economico e la società decise di portare gran parte della Primavera in squadra: fui promosso anche io. Riuscimmo a levarci belle soddisfazioni e battere anche squadre importanti e arrivare in finale. Diego, Robinho, Alex, Elano… tanti talenti, vincemmo lo scudetto: è stato un momento bellissimo della mia carriera. Lì ho capito la bellezza del calcio. Vinsi subito con la mia squadra del cuore”.
Avevi un modello? “Il mio idolo è sempre stato Taffarel. E’ stato un modello per tutti i portieri della mia generazione, il primo a imporsi anche in Europa. Da quando sono in Italia, invece, il mio idolo e il mio modello è Gigi Buffon. Lo seguivo già dal Brasile, ma vederlo da vicino è tutta un’altra cosa. E’ il portiere più forte di tutti i tempi, un’icona mondiale”. Nel 2004 il tuo momento più difficile? “Sì, non riuscivo a trovare contratto. Feci tantissimi provini in Europa e in Brasile, ma fu paradossalmente uno stimolo. Un giorno chiamò a casa Elano, un carissimo amico. Mi chiese se volevo ripartire dal San Bento, una squadra di San Paolo, e da lì mi sono rimesso in gioco, mi sono rilanciato nel calcio”.
In cosa ti ha migliorato il calcio italiano? “In tutto, dal primo giorno, quando ho cercato di studiare da subito la tecnica dei portieri italiani, la migliore del mondo. I primi sei mesi sono stati fondamentali. All’inizio era difficile perché non conoscevo bene l’italiano: per un portiere comunicare è fondamentale”. Alisson o Ederson, chi mettiamo nella porta del Brasile? “Sono due portieri fortissimi. Con Alisson mi ritrovo spesso a parlare perché prendiamo lo stesso aereo. Con la Roma sta dimostrando di essere un grande portiere e credo che il selezionatore Tite abbia una preferenza per lui. Ederson ha fatto una strada diversa. E’ arrivato in Europa giovanissimo, si è rilanciato nel Benfica e adesso è uno dei migliori portieri del mondo. Penso che il Brasile sia a posto per i prossimi 10 anni”.
Torniamo a te… Amante dei droni, come mai? “Mi sono sempre piaciute le cose elettroniche dai computer, agli ipad, ai telefonini e quando sono usciti i droni non potevo non essere uno dei primi a metterci le mani sopra. Già da sei anni ho un elicotterino radiocomandato. Ma i droni con la telecamerina che ti permettono di fare i video e le foto sono tutto un altro pianeta. Puoi arrivare a zone inaccessibili, esplorare posti che potresti solo immaginare”. In Brasile ti sei anche laureato: come hai fatto a far coincidere gli impegni? “E’ stato complicato, ma importantissimo, perché quando ero nel Santos non ero sicuro che poi avrei fatto strada nel calcio e per un giovane credo sia importantissimo crearsi alternative. Adesso sono concentrato sul calcio, ma non è detto che in futuro quella laurea non possa tornarmi utile…”.
Sguardo da Killer, video, lavoro sul campo: hai qualche altro segreto? Sacro e profano… “Nello spogliatoio ho la bibbia. Prima di entrare in campo con la mano destra tocco la riga. Poi in porta entro centrale, fissando il dischetto i pali e la traversa e poi poggio asciugamano e guanti di riserva nel lato sinistro. Infine prima del fischio guardo in alto e ringrazio il signore che mi ha permesso di fare di una grande passione il mio lavoro”. Come sarà il 2018 di Rafael? “Anzitutto mi aspetto un grande anno per il Cagliari. Io spero di dare il mio contributo, anche perché ho una grande voglia di giocare e fino a quando avrò questa grande voglia non smetterò”. Per la “gioia” dei rigoristi della serie A…