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Atalanta, Bergomi: “Tanta tecnica e fame di calcio, ecco come nascono i talenti”

La favola del calcio italiano, in questo momento, si chiama Atalanta, veste nerazzurro ed è riuscita ad affermarsi persino in Europa, mettendo k.o. l’Everton di Wayne Rooney. Dietro alle imprese della Dea, però, c’è un progetto a lungo termine che va oltre il gran lavoro svolto da Gasperini, Papu Gomez e compagni: l’Atalanta può vantare uno dei migliori settori giovanili d’Italia, che ogni anno “sforna” talenti pronti ad affermarsi in prima squadra o in altre big italiane ed europee. “Quella dell’Atalanta è una vera e propria scuola di calcio. Cura molto i ragazzi del territorio che sono ancora affamati di calcio”, ha commentato Beppe Bergomi in un’intervista a Tuttosport. L’ex difensore, oltre ad essere commentatore per Sky Sport, si dedica all’insegnamento del calcio ai ragazzi e, nel corso della sua carriera, ha allenato proprio nel settore giovanile dell’Atalanta. “A Zingonia vige la filosofia di fare appassionare i ragazzi alla tecnica, alla gestione della palla. Che, poi, è la grande lezione che ci danno gli spagnoli in questi anni… Prima, e non è scontato, bisogna saperla insegnare, poi si deve appassionare il giovane. E’ stato proprio questo il punto cardine del progetto portato avanti da Favini, storico responsabile del settore giovanile”, ha continuato Bergomi. Tanta, tantissima tecnica durante gli allenamenti. Bergomi, che ha allenato la Berretti nerazzurra, lo sa bene: ”Gli allenatori si appassionano alla tattica ed ai moduli, che però non servono tanto quanto la gestione della palla per la crescita dei giovani. E’ chiaro che ragazzi che giocano a certi livelli possono essere considerati dei ‘talenti’. Ma la tecnica aiuta loro a crescere e migliorare”. Ed è cosi che l’Atalanta, stagione dopo stagione, fa esordire in prima squadra buoni giocatori che, in poco tempo, finiscono nel mirino delle big. Che, magari, potrebbero anche prendere esempio dal settore giovanile della Dea: “Se davvero si crede nei ragazzi, allora bisogna far crescere allenatori che si dedichino esclusivamente ai settori giovanili, senza considerarlo un trampolino per altri obiettivi. E poi abituarsi a non considerare prioritario il risultato: a Bergamo insegnano persino la postura del corpo, il modo di stoppare il pallone, le gestualità”, ha continuato il Campione del Mondo. Pensiamo a Conti e Kessie, ora al Milan, o a Gagliardini dell’Inter: “Ho anche allenato Roberto, quando ero a Zingonia, e già allora avevo apprezzato le sue capacità tecniche. Lavorandoci su, è migliorato e appena è arrivato all’Inter ha mostrato subito cosa significhi avere il “mestiere” di saper gestire il pallone. L’unica cosa che, in campo, ti tira fuori dai guai”.