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Dai dilettanti alla A, Mazzantini: “Ho giocato ‘senza’ una spalla e con lo sterno rotto”

L’ex portiere di Perugia, Venezia e Inter ci ha raccontato la sua storia: “Senza l’incidente avrei giocato ancora, oggi alleno nella scuola calcio di Mancini”

Andrea Mazzantini ha giocato in Serie A “senza” una spalla, ma non l’ha mai saputo nessuno: I miei movimenti erano molto limitati. Dal lato sinistro mi buttavo sempre con due mani, non riuscivo a distendermi”. Spiega perché: “Durante Venezia-Juve di Coppa Italia, nel 1993, mi ruppi cartilagine e rotatori della spalla. Per i medici avrei dovuto smettere”. E invece Mazzantini ha continuato. Prima a Venezia, poi all’Inter e al Perugia, la parentesi più importante della sua carriera (1999-2002).  

Partito dalla prima categoria, Andrea è arrivato a giocare in Serie A da protagonista. Oggi ha 51 anni e insegna ai giovani: “Alleno nella scuola calcio di Roberto Mancini, a Jesi. Quando sento ragazzi che hanno dolore alle dita mi viene da ridere, io ho giocato in condizioni peggiori”.  

Andrea aveva un sogno, l’infortunio non l’ha fermato: “Operatemi, al resto penso io”. Abbandonato dal Venezia, si riabilita in solitaria, in palestra, ma la situazione non migliora: “Pagai di tasca mia un mese di riabilitazione a Bologna, da quel momento iniziai a migliorare e ripresi a giocare”.

MAI K.O


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Tempo due anni e si trasferisce all’Inter, estate 1996. Se pensate che la spalla sia l’unica cosa che sia mancata nella carriera di Mazzantini vi sbagliate, la paura è una di queste. Andrea si è sempre esaltato nelle situazioni difficili: “Non mi sono mai tirato indietro. Giocai anche con lo sterno rotto, contro la Fiorentina. Mazzone mi disse di andare in campo, non avevamo altri portieri. A quel punto chiesi al dottore se rischiassi qualcosa, lui mi disse ‘tanto è rotto’, allora scesi in campo con la gomma piuma sul petto. Ogni volta che mi tuffavo sentivo come delle coltellate nel petto”. Come un pugile “Mazza” cade e si rialza. 

ANDREA E GIGI


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Destini incrociati. È il caso di Mazzantini e dell’amico Gianluigi Buffon. I due si conobbero tra i dilettanti: La mia carriera è iniziata lì, ho dovuto lottare per arrivare in Serie A, scalando tutte le categorie. Il mio allenatore, al Canaletto in prima categoria, era Adriano Buffon, papà di Gigi. Era più piccolo di me e non giocava in porta. Spesso veniva a vedere gli allenamenti, voleva già giocare tra i pali, così io rispondevo ‘guarda che è un ruolo difficile!’ – rivela Andrea. 

I due passavano molto tempo insieme, e la domanda sorge spontanea. "Hai ispirato tu Buffon?. “Non credo – sorride Andrea – aveva già una voglia innata”. Ma forse lo zampino c’è, quasi come accade con le deviazioni in extremis. Il tocco non viene percepito da uno sguardo distratto, ma è stato determinante. ”Molte volte quando andavamo in trasferta con l’autobus lui si sedeva vicino a me perché ammirava il ruolo”. Non sarà stato lui a ispirare Buffon, ma la sua impronta c'è. 

L'INCIDENTE


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I portieri sono sin da piccoli abituati alla “rialzata", grazie allo slancio delle gambe in seguito al tuffo l’estremo difensore si aiuta nella risalita. Purtroppo Mazzantini non è più riuscito a “rialzarsi” in seguito al suo ultimo “tuffo”, quello che gli ha tolto una delle cose più care della sua vita, il calcio giocato: “Avevo molte offerte dalla Turchia, nessuno lo sa. Mi volevano Fenerbache e Besiktas. Ma decisi di testa mia e firmai con il Siena”.

È proprio vicino a casa sua che accadde l’incidente: “All’incrocio avevo diritto di precedenza, una ragazza mi colpì con la sua macchina”. Due ernie cervicali: “Ero pronto a recuperare, a prendermi le mie responsabilità pur di avere le idoneità. Io volevo giocare”. La volontà questa volta non è stata sufficiente. “Nessun dottore volle prendersi la responsabilità di concedermi l’idoneità e il Siena a quel punto decise di rescindere il contratto”.

Delusione? Tanta: “Ero nel pieno della mia carriera e stavo bene, ma finì tutto dall’oggi al domani”. Andrea si è trovato spiazzato, come poche volte gli accadeva in campo: “Non mi ero organizzato ancora il futuro, ho passato momenti molto brutti”.

Con un colpo di reni è riuscito a rimettersi in posizione: “Sono un lottatore, so che i momenti difficili passano. Iniziai a studiare per diventare preparatore dei portieri fino a che non venni chiamato dall’Ancona, nelle giovanili, sino ad arrivare ad allenare gli estremi difensori della prima squadra, in Serie A. Il direttore sportivo era Gianluca Petrachi, che muoveva i primi passi nel mondo dirigenziale”.

Dalla prima categoria ne ha fatta di strada: “Bedy Moratti, sorella di Massimo, mi diceva sempre che avrei dovuto scrivere un libro, con tutto quello che mi era successo’. Mazzantini ama definirsi un leone per la vena combattiva, ma forse il gatto gli si addice di più. È come se avesse avuto 9 vite.

di Luca Leoni