Valencia, Prandelli: “Qui è una meraviglia. Parlo l’itagnolo, un mix di italiano e spagnolo: funziona”
Italia-Spagna, viaggio di sola andata, se lo augura Cesare Prandelli: “Un mondo fatto di famiglie che vanno allo stadio vestite con le maglie del club, tifosi avversari che non insultano, partite dove si gioca a calcio fino alla fine, anche se il risultato è ormai andato. Una meraviglia”.
Il suo presente ora si chiama Valencia, la Liga è diventata la sua nuova casa: “Valencia è una città da un milione di abitanti, però per spostarsi da una parte all’altra ci metti pochi minuti. Il centro sportivo è a Paterna, quindici chilometri dal centro. E’ come se da Firenze dovessimo andare a Prato, ma senza il traffico dei viali – ha dichiarato l’allenatore italiano in un’intervista al ‘Corriere dello Sport’ – La struttura è fantastica. Ci sono almeno 15 campi da calcio, c’è un piccolo stadio dove gioca il Valencia B con una tribuna da 5.000 posti a sedere. Il club ha tutto: la tv, la radio, una squadra di fotografi, riprendiamo gli allenamenti dall’alto e li possiamo rivedere subito. I software per le analisi delle partite e dei giocatori sono dell’ultima generazione. E’ davvero eccezionale”.
E dopo quasi due anni lontano dai campi, di nuovo in panchina: “L’impatto è stato forte, ma appena è iniziata la partita è come se non fossero passati quei due anni, come se avessi lasciato la panchina due giorni prima. Ho ritrovato tutto subito. E domenica sera è capitata una cosa bellissima, mai vissuta prima: quando siamo arrivati a Paterna, all’una di notte, col pullman di rientro da Gijon, c’erano tutti i ragazzi delle giovanili ad aspettarci alle finestre delle loro camerette, applaudivano e facevano i cori ai giocatori. Il centro era tutto illuminato. Mi sono emozionato, c’è un senso di appartenenza molto forte”.
Lo spagnolo non è ancora dei più fluenti, ma Prandelli sa già farsi capire ed ascoltare: “Mi hanno suggerito di parlare l’itagnolo: qualche parola di spagnolo, poi un po’ di italiano. Quando parlano piano, capisco tutto, ma sto studiando”.
Vittoria al debutto per 2-1 in casa dello Sporting Gijon con doppietta dell’ex viola Mario Suarez, un destino in comune con Prandelli: “L’ avevo visto giocare a Firenze nella stagione scorsa, ma trovarlo a Valencia è stata una fortuna. La sua disponibilità è incredibile e nei primi giorni mi ha aiutato anche con la traduzione durante gli allenamenti. Come giocatore è forte, ha visione di gioco e capisce cosa fare prima di tanti altri. I suoi due gol sono stati un bell’inizio per tutti noi”.
Su Cancelo, considerato in patria e non solo come vero e proprio fenomeno: “Ha 22 anni e può diventare un giocatore pazzesco. Ha una potenzialità straordinaria, un’accelerazione incredibile, ma deve crescere, deve completarsi. A Gijon l’ho fatto giocare come esterno davanti a Montoya, magari in futuro potrà diventare bravo anche come terzino”.
Sul Valencia, in generale: “La squadra ha un’ottima base tecnica, qui sanno tutti giocare a calcio. Noi dovremo portare un’idea collettiva, nell’organizzazione e nello sviluppo del gioco. Sotto questo profilo non sono abituati a lavorare. Non so dove dovremo potremo arrivare. Ho preso la squadra al terz’ultimo posto e abbiamo giocato solo una partita. Se quel mix tecnica-organizzazione funziona, possiamo toglierci delle soddisfazioni. Ma nelle mie prime 4 gare col Valencia tre sono in trasferta (La Coruna e Vigo, dopo Gijon) e un’altra in casa, ma col Barcellona. Ecco, era preferibile giocarne quattro fuori, però senza incontrare il Barça”.
Sulla Serie A: “La Juve ha già messo la freccia. Roma e Napoli però non molleranno: Spalletti saprà tirare fuori il meglio dalla sua squadra, che è molto forte; mentre Sarri dovrà avere fantasia per sostituire Milik, dopo aver sostituito Higuain”.
Infine, su Lotito e la promessa non mantenuta di diventare nuovo allenatore della Lazio in estate: “Non l’ho mai più sentito. La vita ti sorprende sempre, spesso in una maniera affascinante. Lì per lì ci resti male, pensi: ‘Ma come, mi ha dato la mano, abbiamo fatto perfino una riunione organizzativa, mi ha detto di non preoccuparmi e poi più niente, silenzio totale’. E quando credi che la porta sia chiusa, se ne apre un’altra che ti spalanca un mondo completamente diverso. Mi viene solo da dire che i dirigenti del calcio italiano dovrebbero farsi un esame di coscienza”.