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Data: 12/01/2017 -

​Donnarumma vs Mihajlovic, atto II e III: tra schiaffetti e scherzi del destino. Avversari sì, nemici mai

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Alzi la mano chi, poco più di un anno fa e di fronte ad una scelta tanto coraggiosa quanto voluta, avrebbe pensato di ritrovare in un ragazzino di 16 anni e 8 mesi l’erede naturale di Gigi Buffon. Alzi la mano chi, domenica scorsa, avrebbe contato su un tassametro in continuo scorrimento la presenza numero 50 da professionista per un portiere classe ’99. Si dice che solo gli stupidi non cambino idea: non a caso, ormai, chiunque è saltato fuori da quel cerchio man mano svanito di dubbi, incertezze, perplessità sul vedere in campo, ad un età tutt’altro che comune per un titolare, un ragazzino chiamato dal suo allenatore a difendere nientemeno che la porta del Milan. Gianluigi Donnarumma, quindici mesi dopo il suo esordio, è già punto fermo e simbolo di una squadra decisa a ripartire dai giovani: per un processo inaugurato, a partire dalla passata stagione, anche grazie a Sinisa Mihajlovic.

Ritrovarsi da avversari per tre volte nella stessa annata: capiterà proprio a Gigio e Miha, per un secondo e terzo atto in programma nell’arco di soli cinque giorni. Quantomeno curioso il modo in cui il destino, dopo averti unito, sappia farti ritrovare ancora faccia a faccia ma con colori diversi: il fato ha voluto giocarci su, per l’ennesima occasione. E non è certo una novità, a giudicare da quella prima giornata di campionato che proprio nel portiere rossonero, in maniera decisiva e sul filo di lana, aveva individuato il suo principale protagonista: rigore parato a Belotti e clamorosa rimonta negata a chi, 10 mesi prima, aveva spalancato lui le porte dell’esordio assoluto in Serie A. Roba da grandi nei guantoni di un minorenne, per il più bell’ossimoro che il nostro calcio, da qualche tempo a questa parte, potesse testimoniare.

Comunque sia andata e andrà, guai a nutrire alcun tipo di rancore o malumore. Non ci ha minimamente pensato Sinisa, ironizzando dopo il punto negato al Toro proprio dal suo pupillo (“E’ bravo, non aveva bisogno di parare un rigore per dimostrarlo...”) e fingendo su falsi rimpianti (“A saperlo non l’avrei fatto esordire…ma sono contento per lui”), men che meno lo farà Donnarumma. Eternamente grato per aver avuto a disposizione dal suo vecchio allenatore un’occasione unica, anche contro il parere più o meno rilevante di tanti: un mondo che ora ammira, talvolta a bocca aperta, la sua vecchia e nuova, continua scoperta. Perchè con alcune figure retoriche, Gigio, sembra andare particolarmente a nozze.

Sempre più in crescita, sempre più maturo, sempre più decisivo: l’anafora è presto fatta, di fronte ad un prodigio con il volto da scugnizzo e un’esperienza da veterano. Sembra passata un’eternità (e vai di iperbole) da quella “prima” con il Sassuolo, dall’incertezza sulla punizione di Berardi agli applausi di incoraggiamento di San Siro dopo ogni intervento: ora, pare tutta straordinaria normalità. Un trofeo vinto con la sua firma marchiata a caldo, la Nazionale maggiore conquistata, il posto da titolare al Milan più saldo che mai: alzi la mano davvero, chi si aspettava tutto questo. A fare altrettanto ci hanno già pensato coloro che, di fronte ad un mea culpa sull’iniziale scetticismo, hanno capito di essersi ritrovati di fronte ad un fenomeno raro, dando i giusti meriti a Mihajlovic per aver creduto, sin da subito e al massimo livello, nelle sue qualità. Ma ad imitare tutti, con lo stesso gesto, ci saranno anche loro: Gigio e Miha. Alzando la mano per un saluto, un “cinque” o uno schiaffetto (neanche troppo dolce): quello made in Sinisa che Donnarumma, proprio dopo il rigore parato un girone d’andata fa, ha ricevuto sul suo collo, prima di lasciare San Siro. Quello che Milan e Torino, sportivamente parlando, cercheranno di sferrarsi a vicenda tra oggi e lunedì, tra Coppa Italia e campionato, per possibili vendette o conferme. Di fronte ad un destino che riporterà ancora faccia a faccia Donnarumma e Mihajlovic, per una sfida nella sfida. Avversari sì, nemici mai.



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